L`erede di re Idris: «Armi agli insorti»

di Leonardo Maisano

Del 31 marzo 2011 da Il Sole 24 Ore

LONDRA - Dal nostro corrispondente È pronto a farsi re, se il suo popolo lo chiamerà. Un evento affatto improbabile per un principe designato, è accadimento imprevisto nella vita di Mohamed El Senussi, 49 anni, portati con atletica eleganza nonostante il primo quarto di secolo lo abbia speso sotto il pugno di Gheddafi. «Sono pronto, è vero,ma solo a seguire la volontà del mio popolo. A servirlo, se vorrà».

Principe Mohamed è l`erede diretto al trono dire Idris, lo zio liquidato dal colonnello di Tripoli con il putsch del 1969. Di quei giorni ha il ricordo di un bambino. L`attacco alla casa del padre - fratello del re e destinato a succedergli -, gli arresti, le devastazioni.

Ha potuto lasciare la Libia solo nel 1987 per andare a Londra. Da lì non s`è più mosso, la famiglia stretta, quella del ramo El Mehdi, lo ha seguito e lo ha aiutato - racconta - a lottare contro il regime.

«Non è stato facile. Ho lavorato con l`opposizione nel mondo, ci siamo battuti anche se la minaccia del regime era presente.

Come a Lisbona nel 2007 quando siamo stati attaccati dalle guardie del figlio di Gheddafi».

E stata la sua occupazione per anni.

Non è mai stato tentato dal business, alieno ai petrodollari che allora illuminavano le notti londinesi, eccentrico arabo senza Ferrari. Ha lasciato che fosse la diaspora libica a sovvenzionare lui e la cerchia più ristretta della famiglia. L`aiuto è arrivato da donazioni destinate a un sovrano che per tornare, oggi, attende solo un segnale.

Abito nero, camicia bianca, cravatta nera, in un lutto ideale verso il sacrificio della sua gente, Mohamed El Senussi, ha mani lunghe e immobili, quanto l`intonazione della voce, piatta nel raccontare la sua versione dei fatti.

«Sono soddisfatto della Conferenza di Londra.

L`esito è stato salutato con gioia dal popolo che si sente finalmente protetto dalla comunità internazionale. La fine è imminente. Questione di giorni, forse di ore, ormai è un uomo solo contro sei milioni di cittadini. Sempre più gente vicina al regime sta abbandonando la dittatura, anche Hillary Clinton lo ha, lasciato intendere. Nonostante sia un codardo, Gheddafi, non lascerà il potere: è arrivato con la forza e con la forza se ne andrà, probabilmente per mano di chi oralo sostiene».

Evita giri di parole, scansa le metafore, Mohamed El Senussi è netto nel tracciare il destino che incombe sul colonnello. «So che fornire armi agli insorti è, per gli alleati, decisione delicata, eppure i nostri combattenti ne hanno bisogno. C`è il rischio che finiscano in mani sbagliate quando si creerà un temporaneo vuoto di potere alla caduta della dittatura, ma, lo ripeto, i nostri combattenti ne hanno bisogno». Riprende fiato e aggiunge. «L`esilio a Gheddafi? La gente di Libia vuole giustizia e giustizia significa un processo per chi ha le mani sporche di sangue in un regime che vive di menzogne. Quali? La minaccia di al- Qaeda, i rischi di divisione dei Paese, le opposizioni tribali, sono solo propaganda. Il Consiglio nazionale di Bengasi ha sempre detto che sarà Tripoli la capitale».

Mohamed El Senussi rigetta il sospetto verso chi ha lasciato il potere del rais per avvicinarsi a quello degli insorti. «Veniamo da quattro decenni di dittatura.

Non cambia tutto in una notte. Il Consiglio nazionale è struttura temporanea che va sostenuta in modo unanime, senza spaccature.

Voglio dire a tutta la comunità internazionale di stare al fianco della gente di Libia non di un dittatore.

So che l`Italia, importante per ragioni storiche e geografiche, ha cercato di fare il possibile ma vorrei ribadire che, aldilà degli interessi, e ogni Paese ne ha, è essenziale ora sostenere un popolo che potrà presto scegliere».

Il proprio destino è anche quello di un uomo dimezza età che ha passato la vita sognando questo momento. «Abbiamo sempre servito la Libia e io continuerò a farlo sia in caso di repubblica sia in caso di monarchia. Toccherà alla gente decidere. Nessuno più deve permettersi di agire per conto del popolo libico

 

 

 

 

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