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Del 04 febbraio 2015 da Firstonline

E' un tunnel senza uscita quello in cui si trovano, loro malgrado, le aziende italiane che operano in Libia. Da decenni in attesa non solo della liquidazione dei crediti, ma, per stato di necessità, costrette a continuare a operare in territorio libico per far sopravvivere le proprie attività. E i recentissimi, ultimi attentati e atti di violenza non fanno che complicare ulteriormente.

Una situazione da cui non è facile uscire e che si trascina senza serie prospettive. E' il viceministro degli Affari esteri, Lapo Pistelli, a fare il punto, rispondendo a un'interrogazione presentata alla Camera.

Per quanto riguarda i crediti cosiddetti "storici" (anni ''80-'90), sono oltre 100 le aziende italiane coinvolte. A marzo dell'anno scorso era stato raggiunto un accordo tecnico-giuridico che - sulla base di un precedente verbale firmato alla Farnesina nel 2013 - definiva l'ammontare dell'offerta libica e i creditori destinatari. 

L'accordo è stato consegnato all'ufficio del Primo Ministro libico per l'approvazione, subordinata tuttavia all'approvazione del bilancio 2014. Bilancio poi approvato a giugno ma sub judice della banca centrale che ha avanzato riserve sulla sostenibilità di molte previsioni finanziarie. 

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