Italia-Libia: 7 ottobre, è ancora "giornata della vendetta

di Carlo Rebecchi

Del 10 ottobre 2006 da Il Velino Diplomatico

Altro che “giornata dell'amicizia”, come aveva promesso nel 2004 a Silvio Berlusconi il leader della rivoluzione Muammar Gheddafi. Per i libici l'anniversario dell'espulsione degli italiani e della confisca dei loro beni – il 7 ottobre 1970 - rimane la “giornata della vendetta” contro il colonialismo di Roma. E così – nonostante l'amichevole colloquio avuto da Romano Prodi con Gheddafi meno di un mese fa - per il secondo anno consecutivo una serie di manifestazioni ha celebrato sabato mattina a Tripoli e in altre città della Libia l'espulsione dal Paese dei “colonialisti italiani”. Con un appello dei Comitati popolari ai giovani libici – secondo quanto riferito dall'agenzia ufficiale di stampa Jana -“per imparare la lezione delle sofferenze dei nostri padri e dei loro padri, che furono vittime di ogni forma di oppressione ed uccisione e che a migliaia furono inviati in esilio in remote isole italiane”. Osservatori italiani presenti a Tripoli hanno riferito che le manifestazioni sono state meno virulente rispetto al passato, ma non è dato di sapere se ciò possa essere messo in relazione con la telefonata che, secondo quanto risulta al VELINO, Prodi avrebbe fatto a Gheddafi proprio sabato scorso. Un anno fa, il ripristino della “giornata della vendetta” anti-italiana era stato definito “inaccettabile, da un punto di vista morale ancor prima che politico”, dall'allora vicepresidente del Consiglio, e ministro degli Esteri, Gianfranco Fini. Ed un parlamentare della Margherita, Sandro Battisti, aveva chiesto al titolare della Farnesina di difendere “l'onorabilità” del presidente del Consiglio perché la decisione di Gheddafi rinnegava di fatto “l'impegno formale di abolire questa odiosa ricorrenza” assunto l'anno precedente con lo stesso Berlusconi. Parallelamente alle “celebrazioni” in Libia, l'espulsione degli italiani dall'ex colonia è stata ricordata sabato anche a Roma in un convegno dell' Airl , l'associazione che riunisce i ventimila italiani rimpatriati dalla Libia nel 1970, presieduta da Giovanna Ortu . Al convegno – al quale non è intervenuto l'ambasciatore libico a Roma, Abdulhafed Gaddur, che pure era stato invitato, la Ortu ha letto un passaggio del messaggio inviato due anni fa da Gheddafi all' Airl nel quale il leader libico affermava che “quanto patito dal popolo libico in termini di uccisioni, deportazioni, torture ed usurpazioni di beni e terre non è stato per colpa vostra” bensì per “responsabilità coloniali e politiche espansionistiche che avevano coinvolto i popoli in questi problemi e le tragedie che seminarono ostilità fra essi”. Nel convegno – presenti tra gli altri il vicepresidente della Camera Carlo Leoni in rappresentanza del presidente Fausto Bertinotti ed il direttore generale della Farnesina per il Mediterraneo e il Medio Oriente, Riccardo Sessa – è stato affrontata anche la questione degli indennizzi rivendicati da 6.000 dei 20.000 rimpatriati ai quali – in base a tre leggi (1980, 1985, 1994) – lo Stato italiano ha riconosciuto finora 300 miliardi di lire. Per chiudere il contenzioso, i rimpatriati dalla Libia (i cui averi in valore capitale erano valutati nel 1979 400 miliardi di lire) chiedono altri 250 milioni di euro.

 

 

 

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