Il calendario dell’intolleranza

Del 19 febbraio 2006 da La Padania

L’assalto al Consolato italiano di Bengasi, in Libia, è solo l’ultimo di una lunga serie di proteste violente scatenate dalla pubblicazione di vignette raffiguranti il profeta Maometto. Le caricature hanno infiammato il mondo islamico, provocando una violenta campagna d’odio contro i Paesi europei che per primi le hanno pubblicate e per estensione contro l’Occidente, rafforzando l’idea che sia davvero in atto il famoso scontro di civiltà. Ecco una cronologia dei principali eventi seguiti alla pubblicazione sul giornale danese Jyllans Posten delle famose vignette. 30 settembre 2005: Le 12 caricature, con il profeta Maometto raffigurato con una bomba al posto del turbante, appaiono per la prima volta sul quotidiano danese Jyllands Posten che rivendica la libertà di espressione. Qualche settimana prima il giornale danese Politiken aveva pubblicato un articolo sulle difficoltà dello scrittore Kare Bluitgen a trovare un illustratore disposto a collaborare alla pubblicazione di un libro per bambini sulla vita di Maometto. La comunità musulmana in Europa e le diplomazie di alcuni Paesi arabi protestano perchè le considerano una offesa all’Islam. 12 ottobre 2005: Con una protesta formale, 11 ambasciatori di Paesi arabi in Danimarca chiedono con urgenza un incontro con il premier Anders Fogh Rasmussen. Il governo respinge però la protesta ed il primo ministro afferma, proprio al quotidiano Jyllands-Posten, che non è compito del primo ministro «spiegare ad un gruppo di ambasciatori come funziona il Paese». A dargli ragione è in Olanda la parlamentare di origini somale, Ayaan Hirsi Ali, che ha sceneggiato il film-denuncia “Submission” costato la vita al regista Theo van Gogh. 7 novembre 2005: Il Pakistan condanna le caricature, definendo un «atto di islamofobia» la loro pubblicazione ed il ministero degli Esteri sottolinea come «tali azioni creino un solco dove si cerca di costruire un ponte». 20 gennaio 2006: Il giornale cattolico norvegese Magazinet emula il Posten e pubblica le vignette per solidarietà. Si riaccendono le polemiche del mondo arabo e gli appelli al boicottaggio dei prodotti danesi e norvegesi. 30 gennaio 2006: Il ministero degli Esteri norvegese ordina l’evacuazione del personale volontario nella striscia di Gaza e avverte i connazionali di non recarsi nei Territori dopo le minacce della Jihad islamica. Carsten Juste, direttore del Jyllands Posten, si scusa affermando che la pubblicazione delle vignette «non intendeva essere offensiva». 31 gennaio: Allarme bomba alla redazione del Jyllands Posten di Copenaghen che viene evacuata dopo una telefonata minatoria. 1 febbraio: Il quotidiano francese France Soir e il tedesco Die Welt pubblicano a ruota le caricature e rivendicano la libertà di stampa. Dopo Libia e Arabia Saudita, anche la Siria richiama il proprio ambasciatore a Copenaghen per consultazioni. 2 febbraio: Il direttore di France-Soir, Jacques LeFranc, viene licenziato per aver pubblicato le vignette. Gruppi armati palestinesi minacciano di «trasformare in bersagli» i francesi, norvegesi e danesi che si trovano a Gaza e in Cisgiordania e danno un ultimatum di 48 ore per ottenere le scuse formali dai governi di Norvegia, Danimarca e Francia. La protesta si allarga ad altri Paesi e la Ue condanna le loro minacce. 3 febbraio: Attacco all’ambasciata danese di Giacarta da parte di un gruppo di indonesiani islamici che fa irruzione all’interno della sede diplomatica. L’ambasciatore danese è costretto a scuse formali. Proteste nella capitale indonesiana anche davanti alla sede del quotidiano Rakyat Merdeka (“Popolo indipendente”) che ha pubblicato le vignette. In Pakistan il senato approva all’unanimità una risoluzione di condanna contro i media europei. In Svizzera la lega dei musulmani giudica «inaccettabile» la pubblicazione delle caricature sui media locali. Intanto anche alcuni giornali fiamminghi le pubblicano in Belgio. Manifestazioni a Mogadiscio, in Somalia, dove vengono bruciate bandiere danesi e norvegesi, in Giordania, dove i manifestanti chiedono la chiusura dell’ambasciata danese. In Italia le vignette vengono pubblicate dai quotidiani La Padania e Libero, mentre altri media italiani decidono di pubblicarne solo alcune. 4 febbraio: A Damasco, in Siria, manifestanti danno alle fiamme le ambasciate di Danimarca e Norvegia e tentano l’assalto della sede diplomatica francese. 5 febbraio: Scontri di piazza a Beirut, dove circa 2 mila persone riescono a raggiungere il consolato danese e gli danno fuoco. La polizia respinge i dimostranti con idranti e lacrimogeni ma la guerriglia si diffonde anche nel quartiere cristiano maronita. A Trebisonda, in Turchia, il sacerdote italiano Andrea Santoro viene ucciso da un giovane fanatico al grido di «Allah è grande», poi catturato. 6 febbraio: L’ondata di violenza arriva in Afghanistan, dove quattro persone restano uccise negli scontri, e in Somalia, dove sono due le vittime. 8 febbraio: Ancora in Afghanistan, truppe dell’Isaf intervengono per respingere i manifestanti che si accalcano davanti alle basi militari e alle ambasciate europee. Muoiono quattro afghani. Da Washington, il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, parlando in conferenza stampa congiunta con la collega israeliana Tzipi Livni, attribuisce la responsabilità delle vignette a Siria e Iran. 14-15 febbraio: Due persone restano uccise nel corso di scontri a Lahore, nel Pakistan orientale. Altri tre morti in scontri scoppiati l'indomani a Peshawar, dove la folla assalta la sede della compagnia norvegese di telecomunicazioni Telenor, un fast food americano e diverse filiali di banche.

 

 

 

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