Berlusconi, appello al dialogo. Tensione Fini-Libia

di Maurizio Caprara

Del 22 febbraio 2006 da Corriere della Sera

Davanti alle tele­camere di Al Jazira, Silvio Berlusconi ha descritto quel­li tra Italia e Libia come rap­porti tranquilli. «Ho parlato a lungo con il leader libico Gheddafì» ha detto ieri il pre­sidente del Consiglio alla troupe della televisione qatarita ricevuta a palazzo Grazioli. Si riferiva alla telefona­ta con il Colonnello dopo l'as­salto di venerdì al consolato d'Italia a Bengasi. «Mi ha as­sicurato la difesa dell'incolu­mità dei nostri connazionali» ha spiegato. «Quindi tra i no­stri due Paesi non si è verificato e non c'è ancora oggi nessun problema» ha soste­nuto Berlusconi. È stata la voglia di appari­re distensivo al pubblico di una delle tv più viste dai musulmani del Medio Oriente a spingere il Cavaliere a rila­sciare l'intervista. Al Jazira, uno dei canali più detestati dall'ammini­strazione Bush, non è un'antenna familiare per lui. Ma pur di prevenire altre riper­cussioni dell'esibizione di Ro­berto Calderoli, ripreso al Tg1 con la maglietta delle fa­mose vignette su Maometto mentre era ministro, Berlu­sconi ha sorvolato sui pessi­mi giudizi dati negli Usa sulla tv qatarita per i servizi da Bagdad e Kabul. Il suo scopo era evitare associazioni di idee tra l'Italia e i disegni che sono risultati detonatori per le esplosioni di sdegno tra i musulmani. «Non c'è altro modo per co­struire un futuro di benessere giustizia e per tutti che ri­spettarsi a vicenda» ha sotto­lineato Berlusconi, invitando a «conoscersi di più» con «bontà» e «comprensione e rispetto tra i popoli». È per que­sto che nell'intervista, da tra­durre in arabo, in onda su Al Jazira stasera, avrebbe defi­nito le vignette da «stigmatizzare». Aggiungendo: «La sati­ra non deve essere irrispetto­sa dei sentimenti altrui». Con Tripoli, la situazione è più intricata. Lo confermano parole del ministro della Dife­sa Antonio Martino: «I rap­porti tra l'Italia e il regime di Gheddafì sono da sempre dif­ficili e continuano ad esserlo». Ieri hanno continuato ad esserlo con un avviso rivolto al ministro degli Esteri Gian­franco Fini, il quale domeni­ca su Raitre aveva comincia­to a sostenere una tesi ripetu­ta più tardi: «Vi sono dei fer­menti che mettono in discus­sione la leadership di Ghed­dafi». Al Colonnello da fasti­dio che, per ridimensionare il nesso tra le violenze di Ben­gasi e la maglietta di Calderoli, uomini di governo puntino l'indice su fermenti interni alla Libia. Il Tg1 si vede anche lì. Accreditare l'idea di un ap­parato statale in difficoltà suona nei palazzi di Tripoli come un danno al credito del regime nel Paese. «Invitiamo il ministro Fini a smettere di parlare in que­sto modo e l'attenzione do­vrebbe essere diretta a far cessare la fonte del proble­ma, il quale è partito da gior­nali danesi ed è continuato, comprese le affermazioni e le posizioni dell'ex ministro ita­liano Calderoli» ha detto una «fonte ufficiale» all'agenzia li­bica Jana. Lo stesso messag­gio è stato dato direttamen­te al nostro ambasciatore a Tripoli. Se non un incidente diplomatico, quasi.

 

 

 

 

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