Mensile di Politica ed Analisi Militare n°36

Del 4 luglio 2003 da Analisi Difesa

 L'ennesima puntata della saga infinita dei rapporti tra l'Italia e il dittatore libico Muhammar Gheddafi sembra improntata all'ormai tradizionale linea politica italiana delle "braghe calate".Non sono bastati trent'anni di minacce, azioni terroristiche e omicidi di dissidenti libici compiuti sul nostro territorio per far capire alla nostra classe politica con che razza d'uomo abbiamo a che fare. Anzi, benché Gheddafi abbia acquistato missili balistici Nodong dai nordcoreani (alla faccia dell'embargo….) contro i quali non abbiamo alcuna difesa, noi italiani stiamo già portando avanti all'interno della UE e con gli USA la proposta di abrogare ogni limitazione internazionale all'importazione di armi da parte della Libia. Eppure lo stesso Berlusconi di fregature ne ha già prese molte dal leader libico, la più recente ha mandato all'aria l'ultimo accordo sottoscritto tra baci e abbracci mesi fa sotto la tende di Tripoli quando la Libia non ha saldato, come aveva promesso, i debiti in sospeso da anni con le aziende italiane pari ad 870 milioni di euro. Per non parlare dei danni da rifondere agli ex coloni cacciati dalla Libia nel 1970 dal giovane Gheddafi che aveva appena assunto il potere con un golpe. L'ultima figuraccia Berlusconi l'ha rimediata nei giorni scorsi annunciando al Senato l'invio di navi, militari, poliziotti e mezzi italiani sulle coste libiche per cooperare con le autorità locali a impedire l'esodo di migliaia di disperati. Peccato che le autorità di Tripoli abbiano sconfessato pubblicamente questo accordo annunciando che nessun militare italiano si schiererà sulle coste libiche poiché questo violerebbe la sovranità nazionale. In realtà Gheddafi applica la solita politica levantina di creare problemi ai vicini occidentali per chiedere poi denari e favori in cambio della "collaborazione" a risolverli.


Da Roma si aspetta le pressioni giuste per far cadere l'embargo sulle armi e non certo per acquistare "motovedette, elicotteri e fuoristrada" con i quali pattugliare le coste ma per proseguire nella sua corsa al riarmo che negli ultimi anni ha portato a forti importazioni da Corea del Nord ed ex URSS di armi e tecnologie convenzionali e non. Certo la marina libica è in panne con 2 fregate, una delle tre corvette di origine russa ferme nei porti insieme a 15 delle 21 motovedette lanciamissili. Un bel disastro per un paese che aspirava a controllare l'intero Golfo della Sirte che va ascritto però più alle scarse capacità dei marinai libici piuttosto che all'embargo internazionale .Va detto però che per controllare le partenze delle carrette del mare non servono grandi e sofisticate unità ma semplici motovedette da pattugliamento costiero in uso presso le capitanerie di porto, le stesse che in più occasioni hanno mitragliato in acque internazionali i pescherecci di Mazara del Vallo allo scopo di requisirli e chiederne un lauto riscatto!Sul fronte elicotteri i 12 Mi 14 e altrettanti Super Freon della Marina libica possono essere impiegati efficacemente per il pattugliamento insieme ai 60 Alouette 3, Mi-4, AB 206, Mi-8 e A-109 in dotazione ad esercito e aeronautica. A questi, anche se non tutti operativi, si aggiungono poi i velivoli della polizia. Anche per pattugliare i 1.500 chilometri di spiagge un regime poliziesco come quello libico non dovrebbe avere difficoltà a reperire jeep, fuoristrada e personale tanto più che i clandestini provenienti dal Sahel attraversano tutta la Libia e sarebbero intercettabili già prima di raggiungere le coste. Del resto Gheddafi ha inviato i suoi soldati a combattere una mezza dozzina di guerre e non ha esitato a favorire, in Libia, veri e propri massacri di immigrati africani lasciando che contro di essi si scatenasse un odio razziale piuttosto radicato nelle popolazioni arabe nei confronti dei neri.

 

Certo molto meglio farsi regalare navi, elicotteri e fuoristrada dai soliti italiani sempre pronti a subire ogni forma di attacco e ricatto. Eppure le soluzioni alternative al solito disonorevole accordo che i libici mai rispetteranno ci sarebbero. Invece di usare la Marina per "prendere a cannonate" le barche piene di poveracci, come proposto dal solito leghista in vena di esagerazioni, sarebbe sufficiente dislocare corvette, pattugliatori e un paio di fregate a scopo deterrente appena fuori dalle acque territoriali libiche. Uno strumento facilmente integrabile con elicotteri, aerei da pattugliamento Atlantic e un radar di scoperta sull'isola di Lampedusa. Un'operazione del genere si svolgerebbe in acque internazionali e sarebbe legittimata giuridicamente dalle convenzioni internazionali che regolano il contrasto alla pirateria, cioè ai crimini commessi sul mare tra i quali è inclusa l'immigrazione clandestina, il traffico di esseri umani e lo schiavismo. Ogni barca individuata verrebbe bloccata, nel caso fermandone i motori con armi da fuoco leggere o armi "non letali" basate su sistemi elettronici ormai piuttosto diffusi, e rimandata indietro o rimorchiata imponendo alla Libia collaborare, pena pesanti ritorsioni economiche e politiche che potrebbero coinvolgere l'Unione Europea che proprio sul tema del contrasto all'immigrazione clandestina mostra convergenze tra tutti i paesi.Non c'è bisogno di tornare alla politica delle cannoniere ma le alternative a "calare le braghe" di fronte a un dittatore senza scrupoli come Gheddafi ci sono. Bisognerebbe solo avere gli "attributi" per metterle in atto

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