Berlusconi e Gheddafi provano a mettere una pietra sul passato

dall' inviato a Tripoli Almerico Di Meglio

Del 30 novembre 2012 da  Il Sole 24 Ore 

"Dobbiamo mettere una pietra sul passato e guardare al futuro, è il nostro imperativo categorico". Ha sintetizzato così, il presidente del Consiglio Berlusconi, i lunghi colloqui con il leader libico Muammar Gheddafi, ieri a Tripoli. C'è la volontà, da entrambe le parti, di voltare pagina e risolvere le "spinose questioni" ancora pendenti, ma "non è con questa visita", la prima in Libia, che ci si può gettare alle spalle "un passato difficile da dimenticare". La visita è stata importante ma non decisiva. Su alcune questioni l'intesa è vicina, come per lo sblocco dei contratti e la regolarizzazione dei crediti vantati da 120 ditte italiane (877 milioni di euro per lavori e servizi svolti ma quasi raddoppiati per gli interessi); la concessione dei visti agli italiani (erano 21mila nel '70, ora sono circa 6mila) costretti al rimpatrio; l'opera di sminamento ("anche Gheddafi rimase ferito a un braccio, perse un cugino a causa di una mina"); la restituzione ("tra pochi giorni o settimane") della Venere di Cirene, la statua azteca del IV secolo avanti Cristo scoperta dagli italiani nel 1913 a Leptis Magna, portata da Italo Balbo in Italia nel 1940 e la cui restituzione, promessa da D'Alema nella sua visita in Libia nel '99, è stata sancita recentemente dal ministro Urbani). Su altre, invece, sarà necessario ulteriore lavoro, a cominciare dalla definizione dell'entità dei risacimenti per i "danni del colonialismo sopportati dal popolo libico", cioè le deportazioni di cittadini libici nelle isole meridionali italiane negli anni '20 e le vittime ("che occorre individuare completamente") delle mine. Il popolo libico, ha sottolineato Gheddafi, chiede "un gesto di grande generosità da parte italiana", che serva anche simbolicamente a riparare i torti passati. "Avevamo pensato - ha detto Berlusconi - a un grande ospedale a Bengasi collegato con centri italiani, sedi universitarie o, in alternativa a un asse stradale Nord-Sud. Alla fine la scelta è caduta su questa seconda opzione, anche su questo abbiamo raggiunto l'intesa. Ma occorrerà altro tempo per l'intero contenzioso". Tra il leader libico - in tunica marrone e copricapo (taglya) bordeau - e il presidente del Consiglio un'ora e mezzo di colloqui solo la mattina, nella residenza-caserma di Bab el Azizia: venti minuti con le rispettive delegazioni nell'enorme tenda, e il resto all'aperto, sul prato all'ombra delle palme con i soli interpreti. Lontani giornalisti, guardie, diplomatici, assiepati - in compagnia di quattro dromedari - poco lontano dalle rovine dell'abitazione del colonnello bombardata dagli americani nell'86. Poi, nel tardo pomeriggio, un secondo incontro protrattosi durante una lunga cena, al termine della quale Gheddafi ha regalato a Berlusconi, che si preparava ad accomiatarsi per rientrare in Italia, un moschetto: un gesto dal significato simbolico, quel fucile era un trofeo di guerra, era appartenuto a un soldato italiano durante la prima guerra libica. Tra i due round di colloqui, quello - a pranzo - del nostro premier e quello libico, Mubarak Shamako. "Gheddafi ascolta molto, è gentile, generoso e disponibile. È alla guida dello Stato da 33 anni, gli ho detto che è un vero professionista, un professionista-super, mentre io, al suo confronto, sono un dilettante", ha detto Berlusconi. Ma ha negoziato duro: l'interesse italiano per la Libia è strategico per i lavori pubblici che si prospettano e per "l'ottimo petrolio che ci dà: dipendiamo per il 25% del nostro fabbisogno energetico e la quota salirà al 30% dal momento che abbiamo in costruzione un gasdotto che comincerà a funzionare nel 2004". L'Italia è il principale partner commerciale della Libia. L'interscambio, solo da gennaio a giugno scorsi, è stato di 2 miliardi e 902 milioni di euro, ma per noi il saldo è a dir poco negativo avendo "succhiato" dai giacimenti libici patrolio per 2 miliardi 339 milioni di euro. In Libia operano una cinquantina di ditte italiane, ma gli investimenti per la piccola e media industria sono resi difficili dalla legislazione e dalla burocrazia. Ma la Libia ha ripreso a svilupparsi negli ultimi anni, dopo la fine delle sanzioni decretate dall'Onu e durate dal '92 al '99 (per l'attentato all'aereo della Pan Am esploso a Lockerbie). Il tasso di crescita da allora è salito parecchio (5,4% nel '99 e 6,5% nel 2000). E per Berlusconi è decisivo che le ditte italiane tornino a fare business in questo paese. Questo spiega la tenacia per firmare appena possibile un trattato di amicizia tra i due Paesi. E, nell'attesa, gli impegni per lo sviluppo degli scambi politici, commerciali e culturali (come previsto dalla dichiarazione congiunta del luglio '98); la cooperazione nelle ricerche archeologiche; le borse di studio per studenti libici; soprattutto la collaborazione contro il terrorismo (il fondamentalismo islamico è un pericolo per lo stesso regime laico libico) e la criminalità organizzata.

 

 

 

 

Galleria Immagini
Decennale AIRIL

Contatti

Sede Legale

Via Sistina, 121 - 00187 - Roma
(c/o DayOffice)

tel: 06-47818521 - fax: 06-47818444
email: presidenza@airil.it