Libia. Terzi a Tripoli incassa solo promesse

Del 6 novembre 2012 da Rinascita

Ancora non ha un governo, ma il premier libico Ali Zeidan già deve fare delle promesse all’Italia, “il nostro primo partner”. Dalla “vecchia” questione dei 600 milioni di crediti rivendicati da imprese italiane, al più attuale sequestro da parte delle autorità libiche dei due pescherecci italiani, passando per l’annoso problema del controllo sull’immigrazione per il nostro Paese.
Zeidan, eletto meno di un mese fa, promette al ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi di risolvere tutto al più presto, ma allo stesso tempo prega “amici, vicini e partner” di “comprendere il momento che stiamo attraversando”. Un modo per dire che, con tutta probabilità, al momento le promesse rimarranno tali. Terzi, da parte sua, incassa e apprezza le dichiarazioni di buona volontà da parte di Tripoli e si dice “soddisfatto” per “l’impegno molto forte di cui ho avuto oggi ulteriore prova dal governo libico”.
Già circa un anno fa l’Italia ricevette simili rassicurazioni da parte dei leader della “nuova Libia”. “Abbiamo convenuto sull’importanza delle procedure per il riconoscimento e la certificazione dei crediti vantati da aziende italiane”, dichiarò a dicembre scorso il premier italiano Mario Monti dopo aver incontrato il presidente del Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt), Mustafa Abdul Jalil. In quell’occasione il governo di Roma scongelò fondi libici per centinaia di milioni (congelati negli anni ‘70 alla Libia di Gheddafi) nella speranza che Tripoli utilizzasse almeno parte di questi soldi per pagare le società italiane. “Ringrazio Monti per l’aumento della somma scongelata da 230 milioni a 600 milioni. Una quota di queste somme sarà sicuramente utilizzata per i crediti dovuti alle aziende italiane che hanno lavorato in Libia purché questi crediti siano reali e legittimi: noi ci adoperiamo per la piena trasparenza”, assicurò Jalil.
Ieri il premier libico Zeidan ha ribadito la volontà dei libici di onorare i debiti, sostenendo che è “tra le priorità del nostro governo”, ovviamente però “tenendo in considerazione le nostre attuali condizioni”. Simili rassicurazioni sono arrivate anche per la vicenda dei due pescherecci di Mazara del Vallo, il Daniela L e il Giulia PG, sequestrati da ormai un mese dalle autorità libiche insieme all’equipaggio di 14 uomini tra italiani e tunisini. “Queste persone non devono essere trattenute a lungo ma devono essere rilasciate al più presto”, ha affermato il ministro per la Cooperazione libico, Mohammed Abdel Aziz, riferendo di una chiamata di Zeidan al pubblico ministero incaricato del caso, a dimostrazione della “massima attenzione del nostro governo alla vicenda, sia dal punto di vista giuridico che militare”.
Nel frattempo, però, le oltre 80 aziende italiane che hanno lavorato in Libia continuano a non venire pagate – e ora diverse rischiano il fallimento – e i pescherecci rimangono in Libia, dopo che il processo agli equipaggi, inizialmente fissato per oggi al tribunale di Bengasi, è stato rinviato a causa di uno sciopero degli avvocati.
 
 
Ancora problemi con le nomine dei ministri
Il giuramento del nuovo governo nominato da Ali Zeidan “avrà luogo la prossima settimana”, e non il prossimo giovedì come annunciato in un primo momento dopo l’approvazione delle nomine da parte dell’Assemblea nazionale libica. Lo rende noto lo stesso premier Zeidan. In questi giorni è atteso il verdetto della Commissione per l’integrità e la trasparenza sulla compatibilità dei titolari dei ministeri degli Esteri, Interni, Giustizia, Sanità, Cultura e Affari religiosi, accusati dai critici di essere troppo collusi con il passato governo Gheddafi. Proprio in polemica con queste nomine, ieri si è dimesso il ministro dei Martiri e degli scomparsi (durante la rivolta contro Gheddafi), Sami Al Saadi. “Alcune persone che hanno partecipato all’oppressione del popolo libico non possono guidare la Libia del dopo-rivoluzione”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Solidarity Press.

 

 

 

 

 

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