Gheddafi vs Usa, Frattini: Non possiamo convergere su tutto…

di Laura Cavestri

Del 11 giugno 2009 da Il Velino

Roma - “Qual è la differenza tra le azioni di Bin Laden e l’attacco di Reagan contro la Libia nel 1986?”. Alla provocazione, lanciata stamani dal leader libico Muammar Gheddafi nel suo intervento a Palazzo Giustiniani, ha risposto il ministro degli Esteri Franco Frattini. Non “siamo certo d’accordo su tutto quello che dice il Colonnello”, ha detto il titolare della Farnesina all’uscita dall’Aula di Montecitorio. Una replica giunta a metà di una giornata nella quale Gheddafi ha parlato prima dinanzi ai senatori, quindi all’Aula Magna dell’Università di Roma La Sapienza, quindi al Campidoglio. Ma il Colonnello ha parlato anche di immigrazione, attaccando le associazioni in difesa dei diritti dell'uomo "brave solo a parlare". "Alla Libia l'Ue fornisce un miliardo di euro all'anno, ma non bastano per i controlli che sono necessari - ha spiegato il leader libico -. Ben diversa l'assistenza italiana che mette a disposizione motovedette e altri mezzi. E poi ci sono le proteste delle associazioni per i diritti dell'uomo, che dicono che vengono violati i diritti dei migranti. Potrei anche rispondere - ha polemizzato -, allora lasciate l'immigrazione libera, lasciate che vadano tutti in Italia, ma poi pensateci voi a curare, nutrire e dare un lavoro a queste milioni di persone". 

PALAZZO GIUSTINIANI - L’intervento del leader libico a Palazzo Giustiniani, a fianco del presidente del Senato Renato Schifani, ha toccato le “atrocità” del passato, le accuse per aver rovesciato Saddam Hussein in Iraq “spalancando le porte ad al Qaeda”, gli “errori” della comunità degli Stati in materia di nucleare con Iran e Corea del Nord così come nell’approccio alla lotta al terrorismo e ancora il diritto dei popoli non occidentali a darsi la forma di governo che desiderano. Per arrivare infine alla questione del contrasto comune all’immigrazione. Il Colonnello ha dapprima ripercorso il lungo cammino che ha portato lo scorso settembre alla firma del Trattato italo-libico di amicizia, allargando man mano il discorso a temi globali. 

“Si chiamano terroristi quelli con i fucili e le bombe, ma come chiamare allora le potenze che hanno missili intercontinentali? Qual è la differenza tra azioni di Bin Laden e l’attacco di Reagan contro la Libia nel 1986? Non era terrorismo quello? – si è chiesto Gheddafi nelle dichiarazioni seguite da un distinguo dal ministro Frattini -. “Grazie agli Usa oggi l’Iraq è diventato un’arena aperta per al Qaeda. L’Iraq era una fortezza contro il terrorismo, con Saddam Hussein al Qaeda non poteva entrare, ora grazie agli Usa è un’arena aperta e questo è un beneficio per al Qaida”. Nel corso del suo intervento, il leader libico Muammar Gheddafi ha poi rivendicato con orgoglio la scelta antiterrorista del suo Pase: “Siamo contro il terrorismo e lo condanniamo” ma “dobbiamo cercare di capire le ragioni vere di questo fenomeno pernicioso”. Dobbiamo “dialogare anche con il diavolo, se necessario per capire il terrorismo” la decisione del suo Paese di rinunciare alle armi di distruzione di massa. Quindi ha parlato del dossier nucleare. “Perché la Corea del Nord cerca oggi la bomba atomica? E perché fa lo stesso l’Iran? Perché – ha spiegato il Colonnello – non sono statti ricompensati. È stato detto loro: fate come la Libia, rinunciate al nucleare. E loro hanno detto: come sono stati ricompensati i libici? Ma noi siamo convinti della bontà della nostra scelta”. 

Gheddafi ha anche rievocato, con termini diversi, le parole pronunciate dal presidente americano Barack Obama dal Cairo sulla libertà dei popoli di darsi una forma di governo: “Non possiamo essere tutti uguali. Che c’è di male se la Corea del Nord vuole essere comunista? O se l’Afghanistan è in mano ai mullah? Non è forse il Vaticano un rispettabile stato teocratico con rappresentanze in tutto il mondo? Se l’Iran era una dittatura sotto Saddam, era forse questo un problema degli occidentali? È stata una buona idea far crollare il suo regime spalancando le porte ad al-Qaeda? Non si può valutare il mondo con superficialità”. 

Spazio è stato dato, ovviamente, anche alla chiusura del contenzioso bilaterale: “Il superamento dei danni fatti dall’Italia fascista - ha spiegato Gheddafi nel discorso a Palazzo Giustiniani - è stato molto importante”. Il leader libico ha parlato del sangue versato, dell’ambiente distrutto “che neanche tutto l’oro al mondo può ripagare perché le atrocità subite non hanno un peso materiale”. L’indennizzo materiale psicologico sarebbe potuto avvenire “molti anni fa” ha detto Gheddafi, “ma mancava una sintesi o un accordo accettabile da entrambe le parti. Nel 1998 abbiamo firmato una dichiarazione congiunta con l’allora primo ministro Prodi e Dini ministro degli Esteri. E in una delle visite del caro amico Andreotti in Libia ci eravamo andati vicini ma poi è stato posticipato tutto a tempi più maturi. Poi – ha proseguito – è venuto l’amico Cossiga”. “Ottenute le scuse, avremmo potuto ottenere molti benefici reciproci. Eravamo davanti a un bivio. La scelta dell’accordo e quella della divisione e della disperazione, lasciando la questione alle prossime generazioni”. 

“Le cose cambiano con il tempo. Forse, se non avessimo oggi questo accordo, un domani l’Italia sarebbe potuta diventare come la Libia del 1911”. Lo ha affermato il leader libico Muammar Gheddafi nel corso del suo intervento da Palazzo Giustiniani a fianco del presidente del Senato Renato Schifani. “Ricordiamo le antiche conquiste degli Arabi o dei fenici che con Annibale tentarono la conquista di Roma. Questo per dire che - sia Roma che Cartagine furono imperi. Questa è la natura: un giorno sei forte e un giorno sei debole. Ma non abbiamo voluto lasciare il nostro futuro nella mani della sorte. Nessuno ai tempo dell’assassino Mussolini o Balbo immaginava che la Libia sarebbe diventato un Paese ricco e forte del quale l’Italia ha oggi bisogno. Non volevamo altre ostilità tra i nostri popoli e con una decisione coraggiosa del presidente Berlusconi – ha aggiunto il Colonnello - abbiamo firmato un accordo di amicizia e cooperazione. Tutto ciò è avvenuto grazie ai legislatori italiani che hanno ratificato nella Camera e al Senato l’accordi di Bengasi. È una cosa davvero splendida e in questa occasione storica”. 

Il leader libico ha insistito sul ricordo del passato coloniale. “Le nuove generazioni italiane non sanno delle atrocità, del sangue versato, delle mine. Non è colpa loro. Gli stessi governanti italiani mi dicono che le nuove generazioni non ne sanno nulla perché nessuno gliele ha insegnate. Se gli italiani le conoscessero oggi si stupirebbero. Il popolo libico – ha affermato Gheddafi – non è un nemico dell’Italia. Non sapevano nemmeno dove fosse l’Italia e abbiamo trovato le navi nei nostri porti, siamo stati deportati alle Tremiti e in altre località. Gli ebrei prigionieri di Nabucco tornarono in Giudea, ma i cinquemila deportati libici non sono mai tornarti. Che fine hanno fatto? Di cosa sono morti. Fu un crimine atroce – ha ribadito Gheddafi – che il popolo libico non meritava. Abbiamo rievocato queste pagine solo per ricordarle agli amici italiani e per far loro capire che nessun risarcimento né nessuna richiesta di perdono può cancellare questi dolori. Così vuole la giustizia di Dio e Mussolini è stato poi giustiziato dal popolo italiano. E oggi dobbiamo trasformare il male in bene”. 

LA SAPIENZA - Nell’intervento reso nel pomeriggio alla Sapienza, il leader libico ha poi ripreso i temi del colonialismo e dei rapporti tra occidente e paesi arabi. Lungi dal voler garantire “la libertà dei popoli”, gli Stati Uniti puntano “a colonizzare il mondo”. Gli Usa, ha detto, lo “volevano uccidere” perché “non voleva sottomettersi e voleva che il suo rimanesse un paese libero”. La stessa immigrazione clandestina, ha poi aggiunto, non è altro che un “effetto del colonialismo”: “Se chiedete agli africani il perché dei loro viaggi verso l’Italia o l’Europa, vi risponderanno che lo fanno per rincorrere quanto rapinato dai colonialisti”. Per riprendersi “l’oro, i diamanti e i frutti della terra dell’Africa”. Se il Vecchio continente restituisse quanto ha preso, “i clandestini resterebbero al loro posto”. Ed è proprio per questo che Gheddafi ha detto di avere intenzione di chiedere ai paesi del G8 di “aver rapinato le risorse dell’Africa” e di “risarcire con denaro” i paesi colonizzati. Non si tratta, ha specificato, “di carità”, ma di “un diritto”. 

Al Colonnello è poi stato chiesto cosa succedesse in Libia agli immigrati respinti e se fossero tutelati i loro diritti. Gheddafi ha risposto che i rifugiati “devono essere rispettati e protetti”, ma ha poi aggiunto che occorre sapere “quali sono i diritti” e “chi si può definire rifugiato”, sottolineando che al proposito “circolano molte informazioni errate”. Il leader libico ha poi voluto spiegare che i “milioni di africani che marciano verso l’Europa non sono rifugiati politici” ma “affamati”: “Non conoscono la politica, non conoscono i partiti né le elezioni”. 

Il passaggio del Colonnello all’Aula Magna della Sapienza si è concluso con qualche momento di tensione. Gli studenti dell’Onda hanno denunciato un intervento con cui veniva tolta loro la possibilità di rivolgere domande a Gheddafi. Passata la parola a un altro interlocutore, altri studenti hanno iniziato a protestare causando di lì a poco l’interruzione del dibattito. Gheddafi, accompagnato dalla sua scorta, ha abbandonato l’aula in anticipo, lasciando invasa anche la domanda che aveva preparato il rettore della Sapienza, Luigi Frati. 

Infine, la questione energetica, su cui è tornato Gheddafi, nel corso del suo discorso in Campidoglio. "Berlusconi potrebbe trasferire aziende italiane in Libia, cosicchè il nostro paese potrà diventare industrializzato. Io non posso offrire aziende ma noi abbiamo il gas e garantiremo il suo flusso verso l'Italia". Già ieri, nel corso della cerimonia a Villa Madama per la firma di una serie di accordi tra Italia e Libia, il premier aveva riferito di aver discusso con il colonnello di come ampliare le risorse energetiche e delle facilitazioni per le imprese italiane che vogliano investire in Libia, soprattutto in considerazione della grande opera di infrastrutturazione che il Paese arabo si appresta a varare. (Daniel Mosseri)

Italia-Libia, il rafforzamento dei rapporti apre strada agli Usa

Roma - La storica visita del leader libico Muammar Gheddafi in Italia segna “l’inizio di una nuova era” nei rapporti con l’Italia e chiude con un passato coloniale, che ha portato a “rapporti difficili” tra i due Paesi. Le parole del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, mettono in evidenza l’entità di un rapporto di cooperazione con la Libia, certamente cruciale per affrontare sfide come la lotta al terrorismo, ma non solo. E la prossima visita del premier italiano a Washington, in programma il 15 giugno, potrebbe riaprire la strada a rapporti nuovi tra gli Stati Uniti e la Libia dopo il disgelo dello scorso anno, con la storica visita dell’allora segretario di Stato, Condoleezza Rice, a Tripoli. Berlusconi sarà ricevuto dal presidente Barack Obama per discutere di nuove regole dell’economia e della finanzia internazionale, in vista del vertice del G8 di luglio a l’Aquila. Ma sul tavolo saranno affrontati diversi dossier, dal clima alla proliferazione nucleare, al Medio Oriente. E non è da escludere che si possa discutere anche della nuova stagione nelle relazioni con la Libia, che sarà presente al vertice G8 in qualità di presidente di turno dell’Unione africana. 

L’attacco che Gheddafi ha sferrato oggi contro gli Stati Uniti suona più come una condanna di quello che Washington è stato, e non di quello che oggi l’amministrazione americana rappresenta. Il riferimento del colonnello è all’attacco contro la Libia voluto dall’allora presidente Ronald Reagan nel 1986, paragonato al terrorismo di al Qaeda. “Qual è la differenza tra azioni di Bin Laden e l'attacco contro la Libia di Reagan nel 1986? Non era terrorismo quello?”, sono state le sue parole durante il discorso a Palazzo Giustiniani. Il rais libico ha continuato, soffermandosi sulla necessità di “mettere da parte l’arroganza, se si vuole la pace”, perché la Terra è stata creata da Dio per tutta l’umanità, non solo per una potenza egemone”. E invitato ad andare a cercare le ragioni alla base del terrorismo. “Grazie a loro, che hanno ucciso Saddam – ha aggiunto, riferendosi agli Usa e al coinvolgimento in Iraq -, si sono spalancate le porte ad al Qaeda, trasformandolo in un emirato estremista”. 

I rapporti tra Washington e Tripoli sono stati certamente difficili negli ultimi decenni. La svolta è arrivata con la visita della Rice nella capitale libica nel settembre del 2008. Cui è seguita la nomina, nel novembre dello stesso anno, la nomina, per la prima volta in 36 anni, di un ambasciatore americano a Tripoli, Gene Cretz. Gli Stati Uniti ritirarono l’ultimo ambasciatore nel 1972, quando Washington interruppe le relazioni con Tripoli. Nel 1980, l’allora presidente Jimmy Carter fece inserire la Libia nella “blacklist” dei Paesi che sostengono il terrorismo internazionale, dalla quale venne poi depennata nel 2006, ben 26 anni dopo. Nel 2004, Washington decise di sospendere anche le sanzioni economiche adottate nel 1988. L’apertura della Libia all’Italia, il nuovo rapporto di collaborazione potrebbe ora contribuire alla definitiva consacrazione di Tripoli come serio interlocutore a livello internazionale. (bic)

Italia-Libia, Berlusconi e Gheddafi voltano pagina: Inizia nuova era

Roma - La giornata di mercoledì ha visto Gheddafi protagonista dal suo arrivo all’aeroporto fino alla conferenza stampa congiunta con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi da Villa Madama. Una visita “storica” che “simboleggia il definitivo cambiamento dei rapporti con la Libia”. Il Cavaliere ha chiuso insieme al leader libico con il passato coloniale per dare il via a un nuovo corso nelle relazioni con la Libia. L’inizio di una nuova è stato suggellato con la firma nel corso di una cerimonia ufficiale di una serie di accordi, ch fanno seguito al trattato siglato lo scorso anno a Bengasi, al quale il presidente del Consiglio ammette di aver lavorato per 15 anni. “E ora colgo il frutto di quel lavoro”, ha sottolineato il premier, annunciando l’inizio di “una nuova stagione di pace, amicizia e collaborazione”, nel segno di “una vera profonda amicizia” con il colonnello, cui Berlusconi riconosce “grande saggezza” nell’affrontare dossier come il Medio Oriente, il Corno d’Africa, e l’Iraq. Dal canto suo, il leader libico ha espresso apprezzamento per la sigla degli accordi con l’Italia, riconoscendo molti meriti a Berlusconi, al quale si è rivolto durante tutta la conferenza stampa, chiamandolo “il mio amico”. “È un amico che tutti i libici conoscono – ha sottolineato il colonnello -, un uomo di ferro che ha preso una decisione storica, chiedere scusa per i crimini coloniali dell’Italia, anche se per le sofferenze del popolo libico non c’è compensazione che tenga”. 

Gheddafi - che è giunto in Italia con la foto dell’eroe anti-italiano Omar al Muktar, appuntata sulla divisa, ha espresso apprezzamento per la decisione del premier di ricevere una delegazione di figli e nipoti di esuli e “martiri” libici. “Questo rende questa giornata storica – ha osservato -, è iniziata una nuova era, e tutto questo è stato fatto da Berlusconi. I governi precedenti hanno provato, ma hanno fallito. L’Italia - ha aggiunto – è l’unico paese con un passato coloniale al quale non possiamo rimproverare nulla, ha purificato il suo passato. Ci sono ancora tracce del vecchio colonialismo, auspichiamo che altri stati coloniali seguano l’esempio dell’Italia. Il progetto del colonialismo è fallito”. 

Folta la delegazione del governo alla cerimonia di firma degli accordi. Erano presenti i ministri dell’Interno, Roberto Maroni, degli Esteri, Franco Frattini, dell’Economia, Giulio Tremonti, dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, e delle Politiche agricole, Luca Zaia. Nel corso dei colloqui tra Gheddafi e Berlusconi, si è discusso di diverse questioni, alcune delle quali saranno affrontate a luglio durante il vertice del G8, al quale Gheddafi parteciperà in veste di presidente di turno dell’Unione africana. I due leader hanno concordato sulla necessità di una consultazione preventiva su questioni internazionali, discusso di come ampliare le forniture energetiche e di facilitazioni per le imprese italiane che vogliano investire in Libia, soprattutto in considerazione della grande opera di infrastrutturazione in programma nel paese africano. Inoltre, è stata annunciata un’iniziativa congiunta per i Paesi del Corno d’Africa, in particolare sulla disputa dei confini tra Etiopia ed Eritrea e sul fenomeno della pirateria a largo delle costole somale. A tal proposito, Gheddafi ha detto di lavorare ad un accordo che ponga fine al fenomeno della pirateria in cambio di garanzie precise al popolo somalo che non venga più “depredato delle sue risorse”. Ma è soprattutto di immigrazione clandestina che i due leader hanno discusso, dopo le polemiche sulla politica dei respingimenti adottata dall’Italia. Il colonnello ricorda che il suo Paese “attrae molta immigrazione” e che “solo alcuni di questi cercano di emigrare in Europa”. Far fronte al fenomeno dei flussi migratori, aggiunge, “non è responsabilità libica, o italiana, ma è responsabilità di tutti”. 

Quanto ai richiedenti asilo, Gheddafi nega si tratti di un problema politico, sottolineando come nella maggior parte dei casi, chi emigra lascia “foreste e deserti”, dove “non ha un’identità personale, figuriamoci politica, chi dice il contrario, dice una menzogna”. E punta il dito contro le organizzazioni criminali ch sfruttano l’immigrazione, “un fenomeno estremamente pericoloso”. Dal canto suo, Berlusconi ha ricordato che le azioni messe in campo dal governo stiano dando “risultati utili”, definendo quello dell'immigrazione “un tema attuale, che sarà ancora più rilevante nei prossimi anni per l’incremento della popolazione mondiale”. Da qui la necessità di “una risposta responsabile per un’azione comune per far uscire questi paesi da situazioni di marginalità”. Infine, la riforma dell’Onu, questione complessa secondo Gheddafi, che auspica un allargamento dei seggi permanenti, chiedendo in particolare che l’Africa sia rappresentata con un seggio dell’Unione africana. Così come un seggio permanente dovrebbe essere concesso all’Italia, che va “ricompensata per aver combattuto il nazifascismo”, ha aggiunto Gheddafi, il cui paese avrà la presidenza di turno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. “Occorre una soluzione largamente condivisa . ha commentato dal canto suo Berlusconi -, abbiamo richiesto la presenza continuativa del nostro paese, e la Libia condivide questa posizione”. (bic)

Gheddafi, Schifani:Italia-Libia sia ponte pace nel Mediterraneo

Roma - “Il Parlamento italiano con una larga maggioranza ha votato a favore del ‘Trattato di amicizia’ che, riconoscendo le responsabilità storiche del passato, vuole ora gettare un ponte verso il futuro. Un ponte verso la Libia, un ponte per fare del Mediterraneo un mare di pace e non più un confine”. Con queste parole il presidente del Senato Renato Schifani ha accolto a palazzo Giustiniani il presidente libico Mohammar Gheddafi. Per la seconda carica dello Stato, si tratta di “un incontro storico” tra due Paesi e due popoli che “la geografia e la storia hanno posto l’uno di fronte all’altro, insieme a condividere uno spazio nel cuore del mare Mediterraneo”. Ma non solo, esso rappresenta “il volano di un più stretto legame tra le due sponde del Mediterraneo. Il nostro impegno costante in Europa, nella prospettiva di un accordo quadro tra Libia e Unione europea”. 

“La storia – ha spiegato il presidente del Senato Renato Schifani - ha portato scambi fecondi, l’esperienza di straordinarie civiltà di cui troviamo testimonianze monumentali che segnano la nostra vita quotidiana e anche i paesaggi dei nostri paesi, come le rovine di Leptis Magna e le architetture di tanti edifici della mia città, Palermo. Ma la storia ha portato anche conflitti, divisioni e ferite, quelle di un tragico passato coloniale che abbiamo voluto condannare, e il presidente Berlusconi lo ha fatto con parole chiare, definitive, a Sirte il 2 marzo. Il trattato firmato a Bengasi il 30 agosto dello scorso anno è il punto di arrivo di un negoziato che ha impegnato diversi governi del nostro Paese”. Un negoziato che – secondo Schifani – è stato “un momento significativo e qualificante della nostra politica estera a cui hanno dato un contributo decisivo, negli ultimi 20 anni, membri autorevoli dell’assemblea che ho l’onore di presiedere come il senatore Andreotti, il senatore Dini e il senatore Pisanu. Il trattato vuole essere un esempio nei rapporti tra Europa ed Africa, e vuole essere anche una scommessa”. 

“Sono fiducioso – ha aggiunto il presidente del Senato Renato Schifani -che le preoccupazioni, pure emerse nei dibattiti delle nostre aule, saranno superate dal tempo. La storia dimostrerà quanto lungimirante sia stata la scelta da parte di un Paese ex coloniale di assumersi in modo così chiaro e inequivoco le responsabilità e gli oneri conseguenti. Abbiamo voluto fondare questo nuovo e solido patto su quei principi di rispetto della legalità internazionale cui ci lega la Costituzione repubblicana. Una Costituzione nata nella temperie del secondo dopoguerra, nel segno del riconoscimento e della garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo e dell’affermazione della pace e della giustizia tra le nazioni come valore da promuovere. In quella stessa temperie, 60 anni fa, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo proclamò quale più alta aspirazione del genere umano ‘l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola, di credo e della libertà dal timore e dal bisogno’. Una dichiarazione a giusto titolo richiamata nell'art. 6 del ‘Trattato di amicizia’ tra l'Italia e la Libia e proclamata sessanta anni fa dall'assemblea generale delle Nazioni unite, che proprio ieri ha eletto quale presidente un autorevole esponente del suo Paese, a riconoscimento del ruolo della Libia nel mondo”. 

L’incontro di oggi – ha rimarcato la seconda carica dello Stato – “apre un nuovo capitolo nei rapporti tra i nostri due Paesi: la sua presenza qui, e quella rinnovata dei nostri compatrioti in Libia, che lì lavorarono e spesero energie con entusiasmo e passione, sono il segno del definitivo superamento delle divisioni del passato e l’apertura di una nuova stagione, fondata su un rapporto speciale e privilegiato tra i nostri Paesi, nella sfera economica, ma anche in quella politica, culturale, della tutela della sicurezza e dell’ambiente”. Si tratta, quindi, di un impegno condiviso: “un rapporto che sappia superare storiche incomprensioni nel segno di un mondo più pacifico, sicuro, giusto, fondato sul rispetto dei diritti e capace di dare risposte alle sfide drammatiche che la crisi e i cambiamenti epocali oggi impongono. Crisi e cambiamenti, ce lo ha ricordato nei giorni scorsi il presidente Napolitano, che con particolare durezza penalizzano lo sviluppo di un continente, l’Africa, pure ricco di straordinarie risorse naturali, e accentuano la portata di fenomeni migratori che vedono coinvolta una popolazione giovane, con grandi potenzialità da mettere a frutto innanzitutto nella vita dei Paesi di appartenenza. Sono fenomeni di grandi dimensioni che possono essere governati efficacemente solo a livello internazionale e innanzitutto attraverso il processo di integrazione del continente africano. In questa prospettiva essenziale è il ruolo dell’Unione africana, la cui funzione politica cresce ogni giorno, ed è decisivo il ruolo dell’Unione europea nella spinta verso una maggiore integrazione del sistema economico dei due continenti. Nella forza di queste organizzazioni regionali sta tanta parte della risposta alle sfide che la crisi propone; sfide che per l’Africa e per l’Europa devono divenire opportunità”. 

Nell’affrontare le sfide della globalizzazione e dell’internazionalizzazione – ha detto Schifani – “l’Italia vuole essere protagonista in tutte le sedi. A partire, nei prossimi giorni, dal vertice del G8 de L’Aquila, che ha tra i suoi obiettivi quello di realizzare una collaborazione rafforzata e paritaria tra G8 e Africa, coinvolgendo innanzitutto l’Unione africana. Dobbiamo investire sul futuro comune, su uno sviluppo congiunto dei nostri continenti. Uno sviluppo equilibrato che porti pace e sicurezza, uso razionale delle risorse, governo delle dinamiche migratorie nell’obiettivo di un’armonica convivenza tra i popoli, nel pieno rispetto dei diritti umani riconosciuti dalla Comunità internazionale. Ma la nostra esperienza ci insegna che non possiamo fare affidamento solo sull’azione delle organizzazioni internazionali, degli Stati e delle altre istituzioni. Occorre mobilitare tutte le energie presenti nelle nostre società. E qui il ruolo dei Parlamenti può e deve essere cruciale, come lo è quello delle tante organizzazioni non governative che ogni giorno operano in Africa e nel mondo a difesa della dignità dell’Uomo e dei suoi diritti fondamentali”. “Confido quindi, signor Presidente, che il nostro Parlamento – ha concluso Schifani - potrà rafforzare i rapporti di amicizia e di collaborazione con il congresso del popolo libico, nel segno di un comune impegno per lo sviluppo politico, economico e sociale dell’Africa e dell’Europa”. (red)

 

 

 

 

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