Un accordo mannaia

di Dimitri Buffa

Del 21 gennaio 2009 da L' Opinione

Alla fine almeno a una cosa l’avere ratificato il trattato di cooperazione economica e militare con la Libia di Gheddafi alla Camera, ma al Senato non andrà diversamente, sarà servito: ad evidenziare la viltà bipartisan della politica estera italiana oltre che le solite due linee, di lotta e di governo, all’interno del Pd. Ieri alla Camera il solo Furio Colombo tuonava contro un accordo che ci mette fuori dalla Nato (visto che non potremo più dare le basi neanche ai nostri alleati qualora volessero bombardare, come capitò con Reagan nel 1986, il rais libico) oltre a regalare a Gheddafi qualcosa come 5 miliardi di dollari a rate in 20 anni fino al 2028. Fuori da Montecitorio i variopinti radicali italiani, insieme all’imprenditore Leone Massa, presidente dell’Airil, il consorzio delle 110 e passa imprese bidonate dalla Giamahyria dal 1970 a oggi (crediti per oltre duemila miliardi di vecchie lire), manifestavano contro questo obbrobrio della real politik all’italiana. Il consigliere comunale Mario Staderini con voce tenorile apostrofava ogni onorevole che vedeva uscire dalla Camera con frasi tipo: “anche lei onorevole voterà per fare questo bel regalo a un dittatore come Gheddafi?” Del controllo degli sbarchi dei clandestini a Lampedusa da parte del leader libico ovviamente neanche se ne parla più. E la Lega è stata la prima a ingoiare il boccone. Per la cronaca “Nessuno tocchi Caino” ha dedicato alla Libia un nutrito dossier. Nel regime di Gheddafi si può essere giustiziati per attività non violente come quelle relative alla libertà di espressione e di associazione e altri “reati politici” ed economici. La pena di morte è ad esempio obbligatoria per gli appartenenti a gruppi che si oppongono ai principi della rivoluzione del 1969, olt! re che p er tradimento e per sovversione violenta dello stato. La pena di morte è applicabile anche per chi specula su moneta straniera, cibo, abbigliamento o sull’affitto durante un periodo bellico e per crimini legati alla droga e all’alcol dal 1996. L’articolo 206 del codice penale prevede la pena di morte per i responsabili di “costituzione di movimenti, organizzazioni e associazioni banditi dalla legge,” oltre che per chi aderisce o sostiene tali organizzazioni. L’articolo 166 del codice penale prevede la pena capitale per chi parla o trama con agenti stranieri per causare o sostenere un’aggressione contro la Libia. A un paese come questo noi andiamo a regalare un trattato che ci costringerebbe persino a denunciare gli esuli libici che vivono in Italia, cosa peraltro già avvenuta negli anni ’80 quando era il Sismi a dare gli indirizzi degli esuli da uccidere ai sicari della Libia. Colombo e Buttiglione durante il dibattito in aula hanno sottolineato che per questo esecutivo è contraddittorio votare un simile trattato e poi dichiararsi amici di Israele. Tra i manifestanti davanti a Montecitorio Leone Massa aveva un cartello al collo in cui si faceva riferimento al fatto che l’Italia calpesta l’articolo 35 della Costituzione perché di fatto se ne frega degli interessi dei cittadini italiani all’estero, nella fattispecie dei problemi economici causati dalla Libia alle imprese di cui sopra. Quando lo ha fatto presente nella audizione avuta davanti alla commissione esteri della Camera sapete che gli hanno risposto? Che la tutela al lavoro svolto all’estero si riferisce a quelle commesse di ex enti pubblici come l’Eni. In ciò confessando che alla fine è l’Ente nazionale idrocarburi, da tempo privatizzato, a fare la politica estera d’Italia. E anche l’opposizione non ha potuto prendere questa palla al balzo visto che poi è arrivato Massimo D’Alema, ex ministro degli esteri, prima in commisione e poi in aula, adire che al Pd va bene così e che noi “dovremmo farci un! vanto d i essere stati il primo paese a chiudere con il proprio passato coloniale”. Se questo era il prezzo da pagare.. tanto valeva lasciarlo aperto.

 

 

 

 

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