I Radicali si ribellano alla “Amicizia” con il dittatore libico

di Dimitri Buffa

Del 15 gennaio 2009 da L' Opinione

Può l’Italia fidarsi di Muhammar Gheddafi e ratificare a scatola chiusa, in Parlamento, gli accordi già presi da Silvio Berlusconi? Per i Radicali la risposta a questa domanda, per loro retorica, è un no tassativo. Per questo preannunciano ostruzionismo in aula, alla Camera e al Senato, depositando centinaia di emendamenti, e invitando i pesci in barile del Pd a fare altrettanto, per rallentare di molto la ratifica del Trattato per il quale l’altro ieri in aula il ministro degli esteri Franco Frattini si è invece augurato un’approvazione lampo. In ballo oltre 5 miliardi di dollari con i quali il contribuente italiano (dopo essersi accollato i circa 5 miliardi di euro per tutto l’affare Alitalia) dovrà pagare gli impegni governativi per farla finita con il passato coloniale fascista e pre-fascista e per tacitare il colonnello una volta per tutte. Però restano aperti tutti gli altri contenziosi, uno per tutti quello delle imprese mai pagate da decenni dalle controparti libiche, circa 110 delle quali consorziate nel consorzio Airil presieduto da Leone Massa. E resta inadempiente Gheddafi anche per il traffico di clandestini che dalla Libia continuano a raggiungere Lampedusa. Sostengono infatti i radicali che: “Il Trattato di Amicizia, Cooperazione e Partenariato,
rappresenta un vero e proprio assegno in bianco (di 5 miliardi dollari, circa 200 milioni di euro all’anno per 20 anni) consegnato a un regime che usa l’arma dell’immigrazione clandestina per ricattare il nostro Paese” e che non fornisce alcuna garanzia di controllo e di rispetto delle norme internazionali in materia di diritto d’asilo e di immigrazione.
“E’ ormai evidente a tutti – sostengono i pannelliani - come il tratto di Mediterraneo tra la Libia e l’Italia sia una bara a cielo aperto dove centinaia e probabilmente migliaia di migranti finiscono in fondo al mare per responsabilità di organizzazioni criminali che operano al di fuori di qualsiasi monitoraggio internazionale, impedito proprio dal regime di Gheddafi”. Inoltre, sostengono sempre i componenti dei Radicali italiani eletti nelle file del Pd: “...il Trattato impegna l’Italia a non usare basi Nato per eventuali operazioni militari contro la Libia mettendo in discussione, primo Paese democratico e occidentale a farlo a favore del regime di Gheddafi, gli impegni sottoscritti con il Patto Atlantico”. D’Alema che spera in un ritorno dell’andreottismo nella politica estera magari sarà contento, ma i radicali no di certo: “oltretutto l’Italia dimentica completamente la sorte delle imprese italiane creditrici verso la Libia, non ottenendo nessuna garanzia che quanto è dovuto alle nostre imprese (oltre 600 milioni di euro) sia dato, mentre l’Italia si appresta ad aumentare le tasse (aumento addizionale Ires) con probabili ripercussioni sulla bolletta del gas e alla pompa della benzina”. Per questi motivi in apertura della discussione del Trattato avvenuta l’altro ieri in Commissione Esteri, Matteo Mecacci ha annunciato il deposito di moltissimi emendamenti, sia in Commissione che in Aula, per “consentire una discussione più approfondita”. In realtà la mossa è stata studiata a tavolino da Pannella, quantomeno per evitare altri “dialoghi” tra Pd e Pdl sulla pelle degli italiani.

 

 

 

 

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