I petrodollari non valgono l' anima

di Magdi Allam

Del 4 gennaio 2008 da Corriere della Sera

Di primo acchito dovremmo sentirci offesi e umiliati per il boicottaggio dell' Italia da parte del leader libico Gheddafi nel suo recente tour europeo. Ma considerando l' esito avvilente delle sue visite in Spagna e in Francia, ci auguriamo che Romano Prodi risparmierà agli italiani l' indecoroso spettacolo di cui si sono resi responsabili Zapatero e Sarkozy immaginando che i diritti dell' uomo e i valori fondanti della civiltà occidentale possano essere svenduti sull' altare del dio denaro. La lezione che si trae dall' ondata di polemiche, che in due paesi europei retti da governi schierati su opposte sponde hanno visto destra e sinistra unite nella denuncia di un dittatore e di un reo-confesso burattinaio del terrorismo internazionale, è che se non possiamo fare a meno del petrolio, del gas e del mercato libico, che si mantenga il rapporto in un ambito strettamente economico. Ovvero affari in cambio di affari. Nessuno al mondo meglio dell' Italia conosce l' inaffidabilità di Gheddafi e l' arbitrio assoluto del suo comportamento. Non è stata forse l' Italia di D' Alema e poi di Berlusconi a sdoganarlo dopo la quarantena impostagli dall' Onu per aver ordinato gli attentati terroristici che hanno portato all' abbattimento di due aerei nei cieli di Lockerbie nel 1988 e del Niger nel 1989? Non è stato l' allora commissario dell' Unione Europea Prodi a riaccreditarlo sulla scena internazionale accogliendolo a Bruxelles nel 2004? Non è forse l' Italia il paese che più di altri subisce impassibile i suoi soprusi fino al punto da far allontanare il 18 febbraio 2006 dal governo un proprio ministro, Roberto Calderoli, di cui il figlio di Gheddafi, Seif Al-islam, aveva chiesto le dimissioni nove giorni prima? Ebbene qual è stato il risultato? Che Gheddafi ha deciso di non includere l' Italia tra i paesi europei visitati, nonostante l' impegno ufficiale - annunciato dal ministro degli Esteri D' Alema - ad accondiscendere alla di per sé iniqua pretesa di sborsare 3,5 miliardi di euro per costruire un' autostrada lungo il litorale libico dalla Tunisia all' Egitto, quale indennizzo per i danni coloniali. Perché quel risarcimento è stato già saldato nel 1951, versando 5 milioni di sterline e cedendo tutte le strutture pubbliche coloniali alla monarchia di re Idriss. Ma Gheddafi, come è sua consuetudine, ha imposto la sua legge sconfessando quell' accordo internazionale. Nel 2002 Berlusconi gli offrì 63 milioni di euro per la costruzione di un ospedale o di un' autostrada tra Tripoli e Bengasi. Ma dopo l' attacco, il saccheggio e la distruzione del nostro consolato a Bengasi il 17 febbraio 2006, di cui incredibilmente l' Italia si è ufficialmente scusata benché fossimo parte lesa e si trattasse di un attentato ordinato da Gheddafi, quest' ultimo ha alzato la posta: l' autostrada la vuole lunga circa 1700 chilometri e la tangente da pagare è 50 volte superiore a quella da noi proposta. E non è tutto. Il 29 dicembre, dopo il boicottaggio dell' Italia nel suo tour europeo, Gheddafi ha acconsentito al pattugliamento misto delle coste libiche per bloccare i clandestini solo dopo che l' Italia gli ha regalato unità navali e terrestri, apparecchiature sofisticate di controllo e un sistema informatico di registrazione dei dati anagrafici. È incredibile: tutti sappiamo che Gheddafi strumentalizza le centinaia di migliaia di clandestini che ha accolto in Libia come arma per condizionare i suoi rapporti con l' Italia, e noi lo premiamo con mezzi e denaro. Come se la Libia fosse un paese povero e non ricco con il petrolio a 100 dollari a barile. Per tutte queste ragioni credo che gli italiani non debbano subire oltre l' arbitrio e l' arroganza di Gheddafi. Se è proprio necessario firmare degli accordi economici e commerciali, che vada Prodi a incontrarlo sotto la sua tenda nel deserto libico. Ma risparmiateci la visita di Gheddafi in Italia. Non confondiamo il sacro con il profano, non barattiamo la nostra anima con i petrodollari.

 

 

 

 

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