La Libia: "L'Italia ci ha offerto un'autostrada"

di Vincenzo Nigro 

Del 10 aprile 2007 da La Repubblica

ROMA - Ancora una tappa nell'estenuante partita politica tra Italia e Libia. Un confronto in cui la discontinuità della politica italiana ha provocato di continuo dolorosi autogol per Roma. La sera di Pasqua il colonnello Gheddafi ha invitato a cena nella sua residenza di Bab el Azizia il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, che aveva trascorso qualche giorno di vacanza nel deserto libico. Un incontro molto "cordiale e amichevole", dicono sia la Farnesina che l'agenzia libica Jana: c'è da crederci, perché tra i due leader c'è da sempre un'attrazione politica. Ma i veri problemi tra Italia e Libia non sono nelle personalità dei leader, quanto nella capacità italiana di seguire l'abilità negoziale gheddafiana. Secondo la Jana, la riunione di Tripoli è servita ad avviare la "chiusura definitiva della pagina del passato coloniale italiano in Libia". I libici citano la "grande iniziativa rappresentata dalla costruzione dell'autostrada da Ras Jdeir a Assaloum, offerta dall'Italia al popolo libico nel quadro dei risarcimenti per il periodo coloniale in Libia per chiudere quella pagina". Non è chiaro quale sia la verità italiana, ovvero se davvero D'Alema ha promesso la costruzione di una autostrada dal confine tunisino a quello egiziano.

Da anni i libici insistono su questo "grande gesto", che in verità doveva essere qualcosa di totalmente diverso e soprattutto meno "grande". "Il contenzioso con la Libia era stato chiaramente dichiarato chiuso con l'accordo siglato quando ero ministro degli Esteri il 4 luglio del 1998", ricorda Lamberto Dini, oggi presidente della Commissione Esteri del Senato, che nel '98 fu negoziatore cordiale ma pignolo nel contenzioso italo-libico.

”Quel memorandum congiunto del '98 riconosceva i "disagi e le ingiustizie causate ai cittadini libici durante il periodo coloniale" (nel testo non c'era la parola "scuse"), e prevedeva una serie di atti di riparazione, ma non la costruzione di un'intera autostrada", ricorda Dini. Il gesto più importante era la costruzione di un reparto ospedaliero a Bengasi, assieme ai visti d'ingresso per cure in Italia ai malati libici, la restituzione di opere d'arte libiche di certa provenienza, eccetera. Col cambio di governo in Italia, Gheddafi riuscì a riaprire tutto: il ministro degli Esteri Renato Ruggiero nel 2001, in mezza giornata di visita al rientro da una missione in Sudafrica, inspiegabilmente riaprì il varco in cui i libici piazzarono la richiesta dell'autostrada. Nell'ottobre 2003, in una difficilissima e malpreparata visita a Tripoli, Berlusconi venne messo sul banco degli imputati, fotografato accanto a Gheddafi con alle spalle le immagini dei libici impiccati dagli occupanti italiani negli Anni Venti. Anche Berlusconi non ebbe la forza di capire che, dopo aver chiuso il negoziato con Dini, Gheddafi lo stava riaprendo con la richiesta impossibile dell'autostrada. Un'offerta che l'ex premier ha ripetuto pochi giorni prima di lasciare Palazzo Chigi, nel marzo del 2006.

 

 

 

 

 

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