LA LIBIA suscita all'interno della politica italiana, nel ...

Del 1 novembre 2007 da Il Tempo

LA LIBIA suscita all'interno della politica italiana, nel mondo culturale in genere e fra gli storici in particolare, atteggiamenti che hanno assunto negli anni tratti a volte aspri, che hanno messo a nudo aspirazioni, incomprensioni, falsi e veri orgogli, latenti aggressività in un rapporto complesso e difficile tra le due sponde del Mediterraneo.

Dopo l'ascesa al potere di Gheddafi, i rapporti italo-libici sono stati altalenanti. La Libia ha chiesto gesti visibili di risarcimento per il passato colonialismo. L'Italia offrì, sino a ieri, quel che poteva e ha esercitato una costante moral suasion per far allontanare lo Stato Libico da una deriva terroristica ed estremista che le sarebbe stata fatale (si pensi all'Iraq) e ha gestito una costante azione per appianare le crisi con i maggiori stakeholder occidentali, a iniziare dagli Usa. 
L'incontro che l'Archivio Centrale dello Stato ha ospitato a Roma lo scorso lunedì è servito a dare contezza dei deportati libici in Italia negli anni 1911-1912, quando - a migliaia - furono costretti nelle isole Tremiti, a Ponza a Ustica a vivere miseramente e molto spesso a morire malamente. Furono, quei deportati, solo l'avanguardia di prigionieri nei campi di concentramento o di condannati a morte. Il volto del colonialismo italiano non fu per niente benevolo, esercitò - al pari delle altre potenze coloniali - discriminazioni, prepotenze, violenze. 
La favola del colonialismo buono ha avuto radici complesse nell'ottocento europeo; in Italia la favola del buonismo servì nell'epoca crispina e giolittiana a trovare giustificazioni dinnanzi alla ostilità, dei socialisti e dei movimenti cattolici, verso politiche di potenza che non tenevano conto dell'arretratezza di tanta parte del Paese. Per di più la sconfitta nella seconda guerra mondiale consigliò molti politici, di tutti gli schieramenti, a non scavare troppo a fondo nella pattumiera della realtà. Il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, ha ricordato che la politica di cooperazione con la Libia è da decenni una costante della politica estera italiana e che avviare una ricostruzione della verità storica attraverso un lavoro comune tra storici libici e italiani rende giustizia alle vittime e agevola la partnership italo-libica, permettendo all'Italia - a differenza di altri paesi - di ritrovare la propria dignità attraverso la memoria condivisa della storia. Che si tratti di una pagina bella della nostra politica lo testimonia l'applaudita e significativa partecipazione dell'on. Pisanu, che tanto si interessò alla Libia su diretto mandato dell'allora Presidente Berlusconi. «Il colonialismo italiano non fu una esperienza di imperialismo straccione - ha egli affermato - ma una conquista violenta e un'oppressione sistematica di popolo». 
La politica bipartisan, basata sugli interessi nazionali, ha avuto successo nei confronti della Libia. Dichiarare la continuità della politica estera italiana onora Berlusconi, Pisanu e D'Alema.

 

 

 

 

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