Libia e Italia, una vita difficile. Quando Gheddafi verrà in Italia? Intervista all'ambasciatore libico Hafed Gaddur

di Valentino Parlato

Del 9 maggio 2007 da Il Manifesto

Hafed Gaddur, ambasciatore in Italia della Gran Jamahiriya Araba Libica Popolare e Socialista, è un vecchio amico, al quale debbo il mio primo ritorno a Tripoli, dove sono nato e vissuto fino ai miei vent'anni. L'incontro avviene nella bella villa Anziani, dove ha sede l'ambasciata. Cominciamo subito la conversazione.

Pesa ancora, e quanto, la memoria del dominio coloniale degli italiani «brava gente», quelli del genocidio documentato nel libro di Eric Salerno della manifestolibri e della deportazione nelle isole?

La colonizzazione italiana della Libia, quella del genocidio e della deportazione nelle isole italiane rimarrà viva nella memoria del cittadino libico come atrocità ingiustificabili commesse contro un popolo inerme che viveva in un luogo distante migliaia di chilometri. Ciò ci induce tenere alto il livello di guardia, perché il rischio del ritorno del colonialismo è sempre presente ove le condizioni lo permettessero.

E' possibile descrivere una linea dell'andamento dei rapporti tra l'Italia e la Jamahiriya. Quando bene e quando male? E ora la questione dell'autostrada. Ma non c'era già?

I rapporti tra la Grande Jamahiriya e l'Italia attraversano oggi una fase di amicizia e fiducia reciproca. L'unico elemento negativo è quello relativo alla non soddisfazione da parte dell'Italia delle richieste del popolo libico, malgrado la volontà di tutti i governi italiani precedenti e quello attuale di realizzarli. Per quanto riguarda l'autostrada, essa rappresenta una parte dei risarcimenti che il popolo libico interpreterà come grande gesto per instaurare nuove relazioni basate sul rispetto e buon vicinato. 
Una questione molto attuale è quella dell'emigrazione verso l'Italia che parte dalla Libia, ma anche la Libia è sbocco di immigrazione.

La questione dell'immigrazione clandestina è una questione internazionale e non riguarda soltanto la Libia. Essa è una questione che riguarda popolazioni che soffrono la fame e le malattie, costrette a spostarsi in flussi continui, cercando la sopravvivenza. Questa è la filosofia della vita, nessuno ha la capacità di debellarla fin quanto ci sarà il bene ed il male, ricchezza e povertà. E' un fenomeno che esiste lungo tutta la storia dell'umanità, richiede lo sviluppo delle aree di partenza degli immigrati, la realizzazione di progetti produttivi capaci di garantire la permanenza delle popolazioni nei loro paesi d'origine e di impedire la loro emigrazione verso altri paesi. Tutti noi dobbiamo collaborare per arginare l'immigrazione clandestina e non lasciarla in mano delle bande criminali dei trafficanti di esseri umani.

La questione del Medio Oriente e dei palestinesi è chiave. A suo avviso Libia e Italia possono fare qualcosa?

Il leader della rivoluzione ha avanzato una soluzione per il problema palestinese: la creazione di uno stato democratico con il nome di «Isratin» che accoglie i palestinesi e gli ebrei, come è accaduto in altri paesi, ma a condizione che ritornino i profughi palestinesi nella loro terra e ci sia lo smantellamento delle armi di distruzione di massa possedute in Israele. L'Italia potrebbe sostenere questa proposta, che rappresenta una soluzione giusta e storicamente possibile.

Nonostante, o forse a causa della memoria romana, i rapporti culturali tra l'Italia e Libia sono scarsi. Nella Jamahiriya c'è un centro culturale italiano perché in Italia non c'è un centro libico?

Si sbaglia, non è informato. E' già in costruzione a Roma, in via Cortina d'Ampezzo, la sede dell'Accademia libica in Italia, che è presieduta da Abduramman Shalgam e avrà due sedi distaccate a Milano e a Palermo. C'è un'Università italo-libica a Palermo; è stata aperta una sezione di lingua italiana all'Università di Bengasi con insegnanti italiani. Sono in programma master per studenti libici presso le università italiane, traduciamo in arabo libri italiani (di recente le Novelle di Verga) e in italiano libri di autori libici. Il 15 giugno verrà in Italia a presentare il suo libro tradotto in italiano («Il soprabito è ancora appeso») Ali Mensurati. Sono in corso di attuazione scambi di studenti libici in Italia e di studenti italiani in Libia. Le iniziative culturali sono tante: lavoriamo per la strada dell'amicizia.

La Jamahiriya sta sviluppando una interessante politica panafricana, dopo aver tentato senza successo una politica panaraba. Ma non potete coinvolgere l'Italia nella politica panafricana?

La Jamahiriya sta svolgendo un ruolo protagonista nel continente africano, in quanto ha costituito la grande Unione Africana, che in futuro dovrebbe dar vita agli «Stati Uniti d'Africa». La Grande Jamahiriya da sempre chiede all'Europa, Italia in testa, di contribuire allo sviluppo del continente oppresso e schiavizzato per lungo tempo. Noi saremo lieti della partecipazione italiana in questo ambito.

Lei ha frequentato molti uomini politici italiani, che giudizio ne dà e chi trova più interessante?

Indubbiamente, conosco molti esponenti politici italiani, con i quali ho instaurato rapporti di amicizia. Ho riscontrato in loro grande desiderio di sviluppare i rapporti con la Grande Jamahiriya e di chiudere la pagina del passato inerente al periodo della colonizzazione italiana. Tutti hanno una loro visione riguardo gli orizzonti dei rapporti tra i due paesi. Inoltre, noto che alcuni di loro mostrano grande disponibilità ed entusiasmo per costruire rapporti solidi e privilegiati con la Libia.

Il gasdotto porta solo metano o può essere anche un canale di comunicazione tra due paesi mediterranei?

Senza dubbio, il gasdotto che lega i due paesi è uno dei mezzi di comunicazione e collaborazione e potrebbe rafforzare le relazioni d'amicizia già esistenti ed estendersi a tutti gli altri settori. E' prova tangibile che si possono instaurare relazioni forti e vantaggiose fra i popoli con le intese e senza il ricorso alla colonizzazione e l'occupazione.

Molti uomini politici italiani sono stati in Libia a incontrare Gheddafi (Cossiga, Andreotti, Berlusconi, Prodi, D'Alema, etc.) quando, a suo avviso, sarà possibile una visita del leader in Italia?

Il leader della rivoluzione compirà una visita in Italia dopo la firma di un tratto d'amicizia e di collaborazione (attualmente in fase di discussione) e l'avvio della sua attuazione. La visita sarà un evento storico molto importante, di pace e amicizia.

 

 

 

 

 

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