Gli ebrei libici ricordano la loro storia a 40 anni dalla loro espulsione dalla Libia all’Auditorium di Roma

di Dimitri Buffa

Del 9 marzo 2007 da AIRIL

Quando nel 1967 gli ultimi ebrei residenti a Tripoli furono costretti a scappare via da re Idris, che di lì a due anni sarebbe stato spodestato da Gheddafi, lasciando in loco tutti gli averi, fu lo stato libico a rimetterci il cuore stesso della propria tradizione. Infatti così come i veri “romani de Roma” sono ebrei, gente che vive nella capitale da 30 generazioni, anche i tripolini di Tripoli appartenevano a famiglie arabe di religione israelita. E lo stesso discorso era valido per tutti gli stati arabo-islamici dai quali, per ritorsione per la sconfitta di Siria, Egitto, Iraq, Giordania e Libano nella guerra dei sei giorni contro lo stato di Israele, tutti i cittadini di religione ebraica vennero cacciati da un giorno all’altro. Un esodo di cui non parla nessuno anche se era sicuramente superiore a quello degli arabi di Palestina che divennero profughi nel 1948. Avere cacciato i cittadini arabi di religione ebraica costringendoli a trovare rifugio in Israele, Italia e America fu per i regimi nazisti di quei paesi, che all’epoca prediligevano il panarabismo all’attuale panislamismo, paragonabile al gesto del marito che si taglia i cosiddetti per fare dispetto alla moglie. Con gli ebrei infatti partirono tradizioni, storia, cultura e persino la buona cucina locale.
Fu come essersi strappati via il cuore.
Martedì sera, a distanza di 40 anni dalla precipitosa fuga degli ultimi tripolini ebrei in Italia (ne arrivarono circa 4 mila nel giugno 1967, gli altri 40 mila erano andati via alla spicciolata nel dopoguerra e all’epoca della creazione dello stato di Israele) la comunità ebraica di Roma ha voluto commemorare quella fuga ringraziando l’Italia per 40 anni di ospitalità generosamente ricambiati: oggi i circa 5 mila ebrei tripolini residenti nel nostro paese, quasi tutti a Roma dove rappresentano circa il 50% degli ebrei romani, danno da lavorare ad altre 50 mila persone. Della serie fossero tutti così i profughi che accogliamo.
La serata, bellissima, alla presenza del nuovo ambasciatore israeliano a Roma Gideon Meir, del rabbino capo Riccardo Di Segni, del presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna e di quello della comunità romana Leone Paserman, è stata organizzata da un altro ex fuoriuscito tripolino, Hammos Guetta, un signore che è assessore ai giovani della comunità ebraica romana e che aveva dodici anni quando sbarcò dall’aereo a Fiumicino nel giugno del 1967.
Guetta oggi conduce un’azienda di abbigliamento, il marchio è Obj, che solo a Roma ha 40 negozi. Però ricorda ancora la fame dei primi tempi alla fine degli anni ’60: “vivevamo in sette in un appartamento, avevo i soldi per il tram di andata e quello di ritorno da scuola, d’estate io volevo mangiare il gelato e così a casa mi dicevano: se vuoi il gelato non puoi prendere l’autobus. E io a volte sceglievo di mangiarmi il gelato e me la facevo a piedi da Trastevere a via Nomentana.”
Guetta è un tipo eclettico che vive più per il volontariato ebraico che per fare l’imprenditore ed ha il pallino degli ebrei di Libia. 
Suo è il primo filmato presentato martedì sera in cui vengono intervistate delle vecchie signore che ancora ricordano i rapimenti e gli stupri etnici degli arabi, per non parlare delle famiglie sterminate nel 1967 all’indomani della suddetta guerra dei sei giorni. Ma i pogrom in Libia iniziarono subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. 
Fu anche quella una vendetta contro gli ebrei dovuta alla cattiva coscienza di chi governava il paese. E questo perché gli arabi erano stati alleati dei nazisti. Infatti nel 1934 gli arabi islamici avevano obbligato gli arabi ebrei ad andare a scuola e a lavorare il sabato emanando, sotto la supervisione dei fascisti italiani le cosiddette “leggi del sabato”. Purtroppo per gli incolpevoli popoli del Maghreb e del Medio Oriente, i loro raiss sanguinari sono sempre stati dalla parte sbagliata: prima con Hitler e Mussolini, poi nell’area del patto di Varsavia e oggi in quella del terzo mondismo filo terrorista anti americano. Islamico e non.

 

 

 

 

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