Alobidi ottimista, troveremo presto una soluzione

di Antonella Tarquini

Del 5 novembre 2006 da ANSA

Per la Libia il 'grande gestò dell'Italia per voltare la pagina del periodo coloniale «è la costruzione dell'autostrada costiera, e null'altro». Il viceministro degli esteri libico con delega per gli affari europei, Adulati Alobidi, è categorico, ma ottimista, certo che «troveremo insieme la soluzione». Ma, avverte in un'intervista all'Ansa, «se il governo italiano ci propone qualcos'altro, torneremo al punto di partenza, rimetteremo i contatori a zero. Sarebbe una perdita di tempo per giunta molto frustrante». «Conosciamo le attuali difficoltà dell'Italia ma siamo ottimisti perchè tutti in Italia, da Berlusconi a D'Alema, dicono di voler chiudere il capitolo del passato», prosegue Alobidi, «recentemente ho incontrato due volte il capo della diplomazia italiana, che la settimana scorsa ha avuto un colloquio anche con il nostro ministro degli esteri Shalgam». «Questo è il momento buono per arrivare a una conclusione, sono ottimista, dice, perchè l'attuale opposizione al governo Prodi è la stessa che con Berlusconi si è impegnata alla costruzione dell'autostrada e perciò il parlamento sarà favorevole. Magari ci sarà qualche voce contraria, forse la Lega nord, ma nell'insieme anche l'opposizione sarà d'accordo». Alobidi lascia capire che se l'autostrada diventerà realtà ci sarà un ritorno per le aziende italiane, e dice che le grandi compagnie che operano in Libia come l'Eni «dovrebbero collaborare». «Stiamo lavorando per esentare le vostre imprese dalla doppia tassazione, e stiamo anche discutendo su come risolvere il problema dell'Ali», l'associazione libico-italiana alla quale gli imprenditori devono versare una percentuale sull'entità degli affari conclusi, che oggi secondo gli operatori italiani è una carta fortemente perdente a fronte della concorrenza derivata dall'apertura del mercato libico. Nella nuova realtà che si è creata con la fine dell'embargo e l'avvio delle liberalizzazioni, ha sottolineato nei giorni scorsi a Tripoli il sottosegretario al commercio internazionale Mauro Agostini, primo rappresentante del governo Prodi a recarsi in Libia, «ci devono essere opportunità e regole uguali per tutti». Alobidi, cosciente del problema, avanza l'ipotesi che «si potrebbe lasciare libere le imprese di partecipare ai tender senza passare per l'Ali», ma, aggiunge, «questa è per ora solo una mia idea». L'Italia «è il nostro partner migliore in tutto, siamo vicini di casa, siamo destinati a lavorare insieme», afferma Alobidi. E i grandi pannelli fotografici con gli orrori del periodo coloniale che hanno tappezzato la Piazza Verde e i muri di Tripoli in occasione della Giornata della vendetta, il 26 ottobre, proprio in concomitanza con la Fiera italiana ItalexpoLibia? «Quella è storia, la nostra storia come voi avete la vostra e le vostre celebrazioni, non vuol certo dire che vi odiamo, l'Italia di oggi non è quella di ieri», minimizza. All'Italia Alobidi è grato perchè «è grazie a lei che l'Unione europea ha capito quanto sia grande e grave il problema dell'immigrazione clandestina», che verrà affrontato a Tripoli il 22 e 23 novembre da un'ottantina di ministri degli esteri europei e dell'Unione africana, in una conferenza intitolata «Immigrazione e sviluppo». «Noi africani vogliamo chiarire ai partners europei che si tratta di un problema comune che sta diventando internazionale, e che va risolto non solo con l'intelligence e la sicurezza per stroncare le bande criminali che derubano gli aspiranti al sogno europeo, ma soprattutto con lo sviluppo dei paesi da cui fuggono», sottolinea il viceministro, annunciando che l'Ua proporrà la creazione di un Fondo comune allo sviluppo al quale «ci aspettiamo un forte contributo dell'Europa». L'Italia, conclude, «ci aiuta molto per quanto riguarda l'immigrazione clandestina, la cooperazione con il vostro ministero degli interni è ottima, ma dobbiamo aiutarci tra noi, paesi di transito come la Libia, l'Italia, il Marocco, la Spagna, l Algeria, perchè nessuno può far fronte a questa piaga da solo». Sulla conferenza c'è un'ombra: la probabilità che il 19 dicembre il tribunale di Tripoli condanni a morte le cinque infermiere bulgare e il medico palestinese accusati di aver volontariamente inoculato il virus dell'aids nel 1998 a 426 bambini dell'ospedale di Bengasi, 52 dei quali sono morti. Un'eventualità che potrebbe portare alla defezione di qualche ministro degli esteri europeo, facciamo presente ad Alobidi. «Nessuno può interferire con la nostra giustizia e l'Europa lo sa», replica il viceministro, che lascia comunque intravedere uno spiraglio di speranza. «Dopo il verdetto, qualsiasi esso sarà, ci sarà il ricorso all'Alta corte e l'ultima parola spetterà all'Alto consiglio giurisdizionale presieduto dal ministro della giustizia. Tutti vogliamo una soluzione, stiamo lavorando insieme con la Bulgaria, la Commissione europea, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti da un anno. Vedremo», conclude evasivamente.

 

 

 

 

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