«L' Europa non può pattugliare il mare della Libia»

di Sarzanini Fiorenza

Del 6 settembre 2006 da Corriere della Sera

Scandisce bene le parole perché il messaggio arrivi chiaro: «La Libia non accetterà mai il pattugliamento del mare all' interno dei propri confini. Per combattere l' immigrazione clandestina l' Europa deve darci mezzi e apparecchiature adeguate». Sono le 11. Abdulati Alobidi, il viceministro degli Esteri con delega agli Affari Europei, è rientrato a Tripoli dopo una lunga missione a Roma. Ha incontrato il titolare dell' Interno Giuliano Amato e il commissario Europeo Franco Frattini. Ad entrambi ha comunicato la decisione del suo governo di non partecipare al vertice di Malta previsto per oggi che avrebbe dovuto fissare tempi e modi dei controlli marittimi per fermare i clandestini. Ma adesso distingue le posizioni. E se l' atteggiamento nei confronti dell' Italia è quello che mira a proseguire il dialogo e la cooperazione, all' Europa sono state dettate precise condizioni per proseguire la trattativa. Perché avete deciso di annullare la riunione? «Per avere collaborazione bisogna concertare le scelte e invece siamo rimasti sorpresi di fronte all' annuncio europeo di effettuare i pattugliamenti senza consultarci. Avevano anche stabilito la data di inizio, ma con una decisione unilaterale e questo non è accettabile». Per questo ha voluto incontrato il commissario europeo Frattini? «Noi dobbiamo sorvegliare oltre 4.000 chilometri di frontiere terrestri e dunque abbiamo bisogno di aiuto». Quindi accetterete una forza di polizia internazionale da posizionare ai confini con gli altri Stati africani? «Assolutamente no, non abbiamo un problema di uomini. A Frattini ho consegnato la lista dei mezzi di cui abbiamo bisogno. Devono darci elicotteri, fuoristrada attrezzati per il deserto, visori notturni, motovedette. Questa è la collaborazione che vogliamo: aiuto logistico e di intelligence per combattere i trafficanti». La concessione dei mezzi era già prevista dall' accordo siglato con l' Italia. Non basta quello che vi è già stato dato? «Non è sufficiente, perché noi abbiamo confini immensi. Basti pensare che sul nostro territorio ci sono già un milione circa di clandestini e noi non siamo più in grado di fronteggiare questo problema». Ne ha parlato anche con il ministro Amato? «È stato un dialogo molto proficuo, perché l' Italia già collabora con noi. Ma a questo punto è il commissario europeo a dover intervenire con i fatti e non soltanto con le parole. Frattini dovrà dare qualcosa invece di prendere decisioni unilaterali». Quest' anno a Lampedusa sono arrivati oltre 12.000 clandestini, quasi tutti provenienti da Zwara, il porto a sud della Libia. Possibile che non si riesca a limitare le partenze? «Proprio in questi giorni abbiamo dato il via ad un' operazione di controllo contro i gruppi criminali della zona guidati da libici, tunisini, egiziani. Però la soluzione non può essere affidata soltanto alle misure di repressione, bisogna seguire un programma di prevenzione impedendo a queste persone di superare i confini terrestri». Qualche settimana fa lei ha incontrato anche il ministro degli Esteri Massimo D' Alema. Avete affrontato il tema dell' immigrazione? «Sì, ma abbiamo discusso anche degli altri problemi tra i due Paesi. Prodi e D' Alema mi sembrano più seri nel tentativo di cercare soluzioni». Più seri rispetto al governo Berlusconi? «Questo lo ha detto lei, comunque Berlusconi è un buon amico». Alcuni osservatori internazionali vi accusano di ricattare l' Italia chiedendo un grande gesto di riconciliazione come la costruzione dell' autostrada che attraversi tutto il Paese. «Non c' è alcun ricatto perché la decisione è già presa: l' autostrada si dovrà fare. Questo lo hanno accettato tutti i governi che si sono succeduti in Italia, compreso quello attuale. E infatti con Prodi e D' Alema stiamo discutendo le modalità per realizzarla». Ma voi accetterete di concedere il risarcimento alle imprese italiane? «Certo, dobbiamo soltanto stabilire la cifra. Alla fine troveremo un accordo su tutto, compreso il rientro in Libia dei vostri connazionali».

 

 

 

 

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