A proposito dell’intervista a Raffaello Fellah

di Leone Massa

Del 25 marzo 2006 da L' Opinione

Che bello leggere un giornale libero come il vostro dove trovano spazio anche opinioni divergenti. Conosco Raffaello Fellah. Lui stesso mi disse che in Libia gli uccisero il padre e del suo impegno per rapporti sempre più stretti con la Libia perché gli affari sono affari. A differenza di Fellah, Gheddafi ancor oggi ce l’ha con l’Italia perché, pare, che un suo antenato sia stato ucciso durante il periodo coloniale italiano. Questo certamente non giustifica l’atteggiamento dell’uno e dell’altro. Il “volemose bene” pur di fare affari non mi trova d’accordo e se Gheddafi minaccia l’Italia di attentati, come italiano, non posso accettarlo e quei politici che, per opportunità politiche fanno dichiarazioni come se niente fosse, non mi rappresentano e non li andrò a votare. Forse ho una mia dignità ed un senso dello Stato che altri non hanno. Lo stesso Gheddafi se ci fosse una minaccia verso il suo Paese si comporterebbe come me. Sarebbe opportuno che i nostri politici e gli italiani che sentano un po’ di amor patrio leggessero l’articolo del Vice Direttore del Corriere della Sera, Magdi Allam, pubblicato ieri. Un’ultima cosa e molto più interessante notata nell’articolo di Ruggiero Capone è l’indennizzo ai libici al valore attuale per i beni confiscati a metà degli anni ‘ 70. I nostri governanti prendessero esempio da Saif El Islam per come indennizzare i propri connazionali e non sottoporli a decenni di attesa per offrire loro una elemosina. Questo lo dico per i 20.000 italiani cacciati dalla Libia nel ’70 e per le imprese italiane creditrici della Libia.

 

 

 

 

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