Islamici “moderati” all’attacco della Lega

Del 19 febbraio 2006 da La Padania

Gli islamici, anche quelli italiani, avevano già chiesto le dimissioni di Roberto Calderoli, ancora prima che accadessero i fatti libici. La prova è nella lettera che Nour Dachan, presidente dell'Ucoii e membro (con il libico Mansur Tantush amico di Gheddafi come scritto da Magdi Allam) della consulta islamica di Beppe Pisanu, ha inviato al presidente della repubblica il 16 di febbraio, ovvero qualche ora dopo l'apparizione di Calderoli nella trasmissione condotta da Clemente Mimun su Raiuno. La missiva, già approvata nel "pacchetto" delle iniziative contro i giornali italiani che hanno pubblicato le vignette, non è stata resa nota martedi, ma solo il giovedì, guarda caso dopo l'intervento dello stesso Calderoli. L'inizio della lettera già punta il dito contro la Lega Nord anche se mai gli islamici hanno il coraggio di nominarla per nome e cognome. «Ci siamo risolti a scriverLe per rappresentarLe tutto il nostro disagio e preoccupazione di fronte alla deriva oggettivamente esacerbata e mistificante di una parte della stampa italiana e al comportamento - appuntano gli islamici - di una forza politica, che in difetto di argomenti e legittimazione, ha creduto di trovare nella continua polemica razzista e anti islamica la sua ragion d'essere mediatizzata ed evidente». Ma se il concetto non è chiaro a Ciampi lo ribadiscono più avanti, puntando il dito proprio contro una componente del governo. «In questo nostro paese che si vuole liberal-democratico, regolato nei suoi grandi principi da una Costituzione scritta da uomini e donne che avevano vissuto e combattuto la dittatura fascista e la sua aberrazione razzista e antisemita, -scrive pomposamente Dachan- ci troviamo nella difficile posizione di quelli che dovrebbero subire senza reazione alcuna, la violenza verbale e la pervicace protervia di individui appartenenti al governo della Repubblica, che nelle sue mani, signor Presidente, hanno giurato di essere fedeli alla Costituzione e alle leggi dello Stato». E in funzione di questo ecco la richiesta da parte degli islamici di una punizione esemplare. «Per tutte queste ragioni e perché sentiamo la sua alta magistratura come la più solida garanzia alle derive di una politica per qualche verso ondivaga ed opportunista, siamo a chiederle un suo autorevole intervento affinché i musulmani e non solo loro, possano continuare a guardare al Colle come ad una vigile e alacre sentinella che protegge il viver civile e la concordia nazionale». Non poteva poi mancare una velata minaccia che poi si è materializzata. «Tale comportamento irresponsabile e provocatorio - appunta ancora il membro della consulta islamica - oltre ad avvelenare il clima civile del paese, causa un notevolissimo danno d'immagine all'estero ed in particolare nei paesi musulmani destinatari del nostro export, in cui si sta rapidamente dilapidando un capitale di stima e simpatia che il lavoro italiano era riuscito ad accumulare in decenni di relazioni cordiali e corretta pratica commerciale». Il tutto si chiude con un ricordo e una citazione coranica. «La Gente del Libro infatti è stata tutelata per secoli dal rigore della legge islamica e dalla tradizione profetica, che in un detto riferito da una catena autentica di trasmettitori, ammoniva i musulmani con queste parole del profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui): "Chi mancherà nei confronti di un dhimmi (un cristiano o un ebreo che vive in terra d'Islam) mi avrà per nemico nel giorno del Giudizio». Tutto giusto: anzi giustissimo. Ma difficilmente conciliabile con le parole dell'imam danese Abu Laban che ha sollevato il "problema" delle vignette e che partecipava, qui in Italia, a convegni islamici in cui si chiedeva la punizione dei miscredenti con lo squartamento e la decapitazione. Ad essere sacrificati oltre che gli ebrei anche i cristiani. Anche in questo caso sono dichiarazioni certificate dalle procure delle repubbliche di questo stato.

 

 

 

 

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