Gheddafi usa i fondamentalisti islamici per ottenere vantaggi economici

di Dimitri Buffa

Del 19 febbraio 2006 da La Padania

Adesso gli italiani saranno contenti: un ministro leghista si é dovuto dimettere per la maggior gloria del fanatismo islamico. E per evitare le rappresaglie economiche del cinico colonnello Mohammar Al Khatafi, per gli amici semplicemente Gheddafi, che odia i fanatici dell'Islam anche più di Bush, e li perseguita non di rado imprigionandoli e facendoli morire in carcere, ma che per l'occasione li ha usati come pietre contro il consolato italiano, autorizzandoli ad assaltarlo e infine reprimendo i moti nel sangue come un Bava Beccaris post moderno. Il tutto per fare capire che lui é l'unico a potere tenere l'ordine in loco e per alzare il prezzo su quell'inutile accordo siglato dall'Italia a proposito del traffico dei clandestini. Nella persona del ministro buonista dell'Interno Giuseppe Pisanu. La vicenda delle vignette satiriche su Maometto ha ormai superato il livello di guardia, ma basta osservare la cronologia degli eventi per capire come Gheddafi, che per tutto questo tempo se ne era stato tranquillo in finestra a godersi lo spettacolo, ha scelto molto pragmaticamente quale fosse il momento buono per permettere alle masse libiche fondamentaliste di indignarsi e di scatenarsi. Guarda caso sempre e solo contro il nostro paese. D'altronde da quelle parti dato il tasso di analfabetismo pochi saprebbero indicare la Danimarca sulla cartina geografica. L'Italia invece ha un contenzioso infinito con i libici che risale all'ultimo conflitto mondiale e prima ancora al colonialismo fascista. Che secondo i più non fu affatto dannoso per la Libia avendo lasciato strade e infrastrutture a un paese che prima era solo un deserto. Ma tant'é: l'Italia è, per il colonnello Gheddafi e i suoi due eccentrici pargoli, una sorta di cortile di casa dove quando capita si tira un missile a Lampedusa, sapendo che non ci saranno reazioni per non turbare i sonni dell'Eni, oppure si abbatte un aereo civile dell'Itavia o magari si fa scoppiare una bomba nella stazione ferroviaria di Bologna. Per tacere di quando i nostri agenti del Sismi, all'epoca del piduista Santovito, fornivano foto e indirizzi dei dissidenti libici in Italia ai sicari del regime che poi li facevano secchi. La storia tra Libia e Italia è quella tra un marito fedifrago (rispetto alla moglie americana) e un'amante crudele, che vuole sempre di più e non da mai in cambio nulla. Salvo gas e petrolio che però non regala. Né fornisce a prezzo di favore, bensì di mercato. Oggi il ministro Roberto Calderoli, cui chi scrive approfitta per manifestargli tutta la solidarietà possibile per il coraggioso gesto di sfida al fanatismo dei terroristi islamici, paga solo uno stato di cose che é a lui, e a questo governo, preesistente. E cioé questa maledetta politica di appeasement inventata da Andreotti (e solo per questo un giorno Dio lo manderà all'Inferno) che purtroppo continuerà. Ne sanno qualcosa tutti quegli industriali italiani che negli ultimi trenta anni hanno cercato di riavere i soldi di contratti non onorati da partner libici, anche di Stato. Qualcosa come 2 mila miliardi, esclusi interessi, da dividere secondo le relative proporzioni tra le 118 aziende rappresentate dall'Airil di Leone Massa. Questi industriali hanno trovato, negli scorsi cinque anni, nei diplomatici italiani e nella Farnesina i principali ostacoli (quegli amici che chi ha non ha più bisogno di nemici, ndr ) alla risoluzione del contenzioso. E non c'é mai niente da fare: bisogna persino sopportare la “presa per il culo” di tribunali libici che danno ragione ai singoli imprenditori italiani con l'esecutivo libico e le controparti private che se ne fregano bellamente non dando esecuzione economica a questi verdetti. E accampando, come alibi all'inadempienza, ancora queste ridicole pretese di danni di guerra e per il pregresso colonialismo fascista. Gheddafi é il nostro figlio viziato che chiede soldi e li usa come gli pare, che si compra azioni Fiat e le rivende per fare un favore personale a Gianni Agnelli, mica allo Stato italiano. E lo stesso fa con squadre di calcio, i cui presidenti oggi sono ricercati per bancarotta dalla giustizia italiana. Squadre che fa rilevare dai suoi due pargoli uno dei quali, Saif al Islam, la spada dell'Islam (soprannome mussoliniano), é quello stesso che qualche giorno fa proclamò alle masse, soggiogate da quasi 40 anni di regime tirannico e sanguinario, che presto «l'Islam avrebbe dominato l'Europa». Sai che consolazione per chi é morto nelle carceri che l'Onu, che ha avuto il coraggio di fare presiedere due anni fa proprio dalla Libia la Commissione per i diritti umani, ha sempre fatto finta di non vedere. Preferendo concentrarsi su Guantanamo. Detto da uno come il figlio di Gheddafi, questo vaticinio da profeta del sabato sera, con uno stile di vita per cui, a leggere il Corano, si finisce dritti nella Ghenna (il loro Inferno per l'appunto), ci sarebbe solo da sbellicarsi dalle risate se non stessimo parlando di cose tragiche. Come i morti causati l'altro ieri dalla sommossa prima incoraggiata e poi repressa. Questi sono i partner con cui abbiamo a che fare, quelli con cui abbiamo firmato un solenne accordo a proposito del contenimento del flusso di clandestini dalle loro coste (minacciati e costretti dalla possibilità che il colonnello ce ne spedisse un milione in una botta sola) che non é stato mai onorato nonostante i soldi che gli abbiamo dato. I libici sono riusciti solo a fare campi di concentramento di profughi nel deserto ai confini con il Sudan dove la gente entra per un nonnulla e ne esce esclusivamente corrompendo i carcerieri. E uno questi affidabilissimi libici, presidente di una associazione islamica che opera in Italia (a proposito ormai il mestiere di fare l'agit prop dell'islam fanatico a casa nostra è diventato altamente remunerativo), Pisanu ha pensato bene di inserirlo anche in quella patetica Consulta dove ormai a farla da padrone sono i Fratelli mussulmani dell'Ucoii. In un paese che si comporta nei confronti della Libia con la stessa impaurita condiscendenza con cui alcuni padri si comportano con i figli tossici, riempiendoli di soldi per paura di venire menati, questa storia delle vignette satiriche non poteva che avere questo epilogo: una farsa finita in tragedia. E dispiace che a pagare sia stato l'unico ministro non ipocrita del governo Berlusconi.

 

 

 

 

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