Gheddafi: "I dimostranti di Bengasi volevano uccidere console italiano"

Del 2 marzo 2006 da La Repubblica

TRIPOLI - I manifestanti libici tentarono di uccidere il console italiano e i suoi familiari quando, due settimane fa, diedero l'assalto al consolato italiano a Bengasi. Lo ha detto stasera Muahhar Gheddafi. Ma non basta: il leader libico ha aggiunto che non sono da escludere ulteriori attacchi se il governo italiano si rifiuterà di risarcire Tripoli quello che il nostro Paese fece durante il periodo coloniale, quando - ha dichiarato - furono uccisi migliaia di suoi concittadini. Il riferimento del capo di Stato libico è ai tumulti del 17 febbraio scorso, nel corso dei quali sono rimaste uccise 14 persone. Una protesta con tentato assalto al consolato italiano a Bengasi: legata sia all'ondata di manifestazioni contro la pubblicazione delle vignette di Maometto in alcuni paesi europei, sia alla "mossa" dell'allora ministro leghista Roberto Calderoli. Che, nel corso della trasmissione condotta da Clemente Mimun, mostrò una t-shirt con quelle stesse vignette. Risultato: a Bengasi, quel 17 febbraio, centinaia di dimostranti sono arrivati davanti al consolato, hanno rotto il cordone di polizia che lo proteggeva, hanno dato fuoco a quattro automobili. Hanno poi spaccato i vetri di molte stanze del piano terra, tentando di gettarvi dentro latte di benzina; hanno anche tentato di forzare la porta d'ingresso senza riuscirci. La polizia libica ha messo in salvo in un albergo il console e tutto il personale che si trovava all'interno. E poi ha fatto fuoco sui contestatori: quattordici i morti, numerosi i feriti. E adesso, a due settimane di distanza, sono arrivate le parole, un po' minacciose, di Gheddafi. Nel giorno in cui le autorità di Tripoli hanno ordinato il rilascio di 130 prigionieri politici detenuti in una prigione della capitale, 85 dei quali appartenenti al partito fuorilegge della Fratellanza musulmana. E cioè il movimento che, secondo la maggioranza degli osservatori, sarebbe dietro le violenze contro il consolato italiano di Bengasi. La Bbc riferisce che la decisione di rilasciare i prigionieri politiche è il frutto delle pressioni della Fondazione Gheddafi, diretta dal figlio del leader libico Seif el-Islam Gheddafi.

 

 

 

 

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