Ulivo col chador

di Renato Farina

Del 21 febbreio 2006 da Libero

La notizia del giorno sareb­be l'incriminazione di Ro­berto Calderoli per «offesa a confessione religiosa me­diante vilipendio». Robe da matti. Dinanzi a quanto accade nel mon­do - orrore e morte - la meschinità della legge italiana ci sgomenta. (La racconta qui Vincenzo Vitale). Però c'è qualcosa di peggio della macchina giudiziaria che, compii­ci norme deleterie, manda liberi i terroristi e persegue una maglietta. C'è Romano Prodi. E a quest'uomo si vorrebbe affidare l'Italia? Manda una sciagurata lettera a Repubbli­ca, dove fornisce elementi ai fo­mentatori di violenza per insistere. Il male del mondo non è per lui la guerra dichiarata dall'Islam, co­mandato a bacchetta dai fonda­mentalisti, ma Calderoli, Berlusconi e il Tg1 di Clemente Mimun. Ver­rebbe voglia di disperarsi. Per fortuna che c'è una buona notizia nel disastro. C'è il Papa. Al­meno lui non è cieco, ed è coraggio­so. Chi lo segue però? Dai Berlusconi, ascoltalo. Ratzinger ha chia­mato le cose con il loro nome. Co­glie un disegno criminale nelle ri­volte musulmane. Magliette, vi­gnette? L'offesa al sentimento reli­gioso è un pretesto. Ieri ha scandi­to bene le parole ricevendo il nuo­vo ambasciatore del Marocco. Pensava alla Libia, al Pakistan, alla Nigeria. «Gli atti violenti sono fo­mentati» da chi «approfitta delibe­ratamente delle offese ai sentimen­ti religiosi per scopi estranei alla religione». Certo, «le religioni e i simboli religiosi vanno rispettati». Tutti però. «Reciprocamente, in ogni società». Ciascuno deve poter praticare e «liberamente scegliere la religione». Più chiaro di così. Me­no male. Ci fa tirare il fiato. Anche se Benedetto XVI deve piangere al­meno 15 cristiani uccisi in Nigeria. C'è un prete tra loro. Sono trattati come cani morti proprio dall'Italia, che fino a prova contraria resta a maggioranza cattolica. Non che si debbano incendiare le moschee, ma sentirsi bruciati dentro sareb­be il minimo. Invece. Altro che «ra­dici cristiane». Abbiamo venduto tutto, pure loro, secche come sono devono fare un bel falò per la godu­ria dei musulmani. La prova? Do­menica un'incredibile manomissione della realtà e del buon senso era visibile a pagina 5 della Stampa di Torino. È vero che a suo tempo la Fiat (proprietaria del quotidia­no) fu salvata da Gheddafi. Ma non riusciamo a creder­ci lo stesso. Titolo a sette colonne, a tutta pagina. «Tripoli: martiri i morti ne­gli scontri». Su una colon­na, in posizione defilata: «Nigeria, massacrati 15 cri­stiani». Non esistono, sono negri che non contano niente dato che non ci mi­nacciano, sono da seppelli­re come giusta espiazione delle vignette. Ma neanche sanno cosa sono le vignette da quelle parti, né gli assas­sinati né gli assassini. Non c'è nessuna offesa lanciata da cristiani, salvo quella di esistere, di volere mettersi la croce e farla comunione. Basta e avanza per la guerra santa, la jihad, non si tolle­ra un'altra presenza. Dodi­ci chiese bruciate. Ma per la Stampa, una colonnina: i cristiani contano un setti­mo, e pare già una conces­sione. Che vergogna. una volta ad essere chiamati martiri erano i cristiani uccisi in odio alla loro fede. Adesso, martire è chi incendia le ambasciate italiane. Complimenti per il rinnovamento liturgico. Un'operazione grave. Consegnando una patente di santità ai morti di piazza, caduti mentre cercavano di bruciare il consolato con la gente viva dentro, Ghedda­fi e al suo seguito il quoti­diano che da lustro a questa mossa, benedicono future violenze, promettendo au­reole. Mal che ti vada sei un eroe, avrai le 63 vergini in Paradiso. Ed ecco interviene Ro­mano Prodi. Ci era più sim­patico come Mortadella che come Avvoltoio squittente. Manda una lettera a Re­pubblica. Le due frasi ini­ziali sono una specie di contratto con gli italiani da offrire poi al fanatismo isla­mico. Scrive: «I fatti di Bengasi tornano a dimostrarci la fragilità del mondo in cui viviamo, la difficoltà di dia­logo tra i popoli, la sciagu­rata forza che le offese pos­sono scatenare». Dopo di che, elogio al Colonnello che ha innalzato a martiri gli assaltatori: «Ho avuto modo di percepire in un lungo colloquio con Gheddafi la preoccupazione di chi è chiamato a governare realtà complesse come quelle dei paesi del Nord Africa». Eccola la verità di Prodi. Per lui era in corso un sereno dialogo tra i po­poli, ed ecco una maglietta scatena la forza della mor­te. È impossibile che Prodi non sappia come le rivolte siano state preparate ad ar­te. Ma certo che lo sa. Ma li lecca, offre loro la manina della resa. I capi islamici europei hanno confeziona­to una specie di bomba a orologeria. Lo scopo era far paura all'Occidente, imponendo ai nostri costumi Fidea coranica del rapporto con il divino. Una specie di invasione della nostra co­scienza, con la pretesa di dettare le regole della vita civile dell'intero pianeta. Una strategia vittoriosa, a quanto pare. La prova del successo sta in questo tipo di lettera. Prodi non con­danna gli assalti, non ha espressione di esecrazione per la violenza, non vede dietro di essa agitatori ma­cabri. Non si sogna nemme­no di notare l'incendio del­le croci in Iran, il rogo con cui sono stati bruciati vivi i cristiani nigeriani. Ma no: Prodi svolge tre punti. 1) Colpa di Calderoli. 2) Colpa di Berlusconi. 3) Colpa del Tg1 che ha lasciato parlare Calderoli. Non gli bastano le dimissioni del leghista orobico, vuole le nostre di­missioni da una certa idea di libertà. Si illude di spe­gnere le fiamme, conse­gnandoci a chi prima o poi le riaccenderà. Lo scopo di questa nuova fase della jihad era esattamente quel­lo di indurre ad una lettera di questo genere i governanti europei. Qui c'è il manifesto programmatico dell'”appeasement”, tecnicamente equivale a “calar le brache”. Corrisponde al­la politica di Chamberlain, accomodante e benevola verso la Germania nazista tra il ‘37 e il ‘39. Ora Prodi ci prova con l'Islam fanati­co. Allora in Gran Bretagna lanciò l'allarme Churchill, ma non riuscì a molto, in quegli anni. Da noi, ades­so? Per fortuna c'è Papa Ratzinger. In quel discorso di ieri ha tenuto conto di tutto, anche dei sentimenti religiosi altrui, ma ha sapu­to condannare con polso. «La Chiesa cattolica ha la ferma convinzione che, per favorire la pace e la com­prensione tra i popoli e tra gli uomini, è necessario e urgente che le religioni e i loro simboli siano rispetta­ti, e che i credenti non sia­no oggetto di provocazioni che feriscano la loro appar­tenenza e i loro sentimenti religiosi». Continua: «Ciò nonostante, l'intolleranza e la violenza non possono mai essere giustificate co­me risposta alle offese, per­ché simili risposte non so­no compatibili con i princi­pi sacri della religione. È per questo che non possia­mo che deplorare le azioni di coloro che approfittano deliberatamente delle offe­se causate ai sentimenti re­ligiosi per fomentare atti violenti, tanto più che que­sto si produce per scopi estranei alla religione». Ed ecco la richiesta papale: «In maniera reciproca in tutte le società, sia realmente as­sicurato a ciascun uomo la pratica della religione libe­ramente scelta». Questa richiesta ove ac­colta cambierebbe il mon­do. Ma c'è un leader italia­no disposto a farla sua, an­che senza maglietta satiri­ca, con la camicia bianca e la cravatta blu a pallini? Berlusca, parliamo di te...

 

 

 

 

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