Berlusconi inaugura in Libia il gasdotto di Gheddafi 

di Ruggiero Capone

Del 7 ottobre 2004 da L' Opinione

“La quarta visita di Berlusconi al colonnello Gheddafi, prevista per oggi, è un caso unico nelle relazioni diplomatiche mondiali”, scrive in una nota Giovanna Ortu (presidente dell’Associazione italiana rimpatriati dalla Libia, Airl), alla vigilia della visita in Libia del presidente del Consiglio. “Ed è un caso unico per due ragioni: - continua la presidentessa dell’Airil - primo, perché nessun leader di governo ha mai accettato di andare per quattro volte in visita in un altro Paese senza alcun gesto di reciprocità; secondo, perché a tutti gli accordi finora proclamati da parte italiana per risolvere l’inaudito contenzioso tra i due Paesi (caso unico tra uno Stato europeo e uno Stato arabo) sono seguite clamorose sconfessioni degli stessi accordi da parte libica”. Ma Giovanna Ortu va oltre e sottolinea “la sceneggiata del ponte aereo per rimandare i clandestini, ostentata dal ministro dell’Interno Pisanu, è stata infatti bloccata da una telefonata di Gheddafi a Berlusconi: ecco perché il nostro presidente del Consiglio è stato costretto di nuovo a correre sotto la tenda del leader libico, cogliendo come pretesto l’inaugurazione del gasdotto Libia-Sicilia”.

E l’imprenditore Leone Massa, che rappresenta le imprese italiane creditrici della Libia, ricorda che “non c’interessa cosa sia nuovamente andato a fare Berlusconi da Gheddafi, ma ci preme che i 105 milioni di euro siano ben presto risarciti alle aziende italiane che hanno fornito beni ed opere infrastrutturali alla Libia”. “Il fatto più clamoroso - sostiene invece Giovanna Ortu - è che il capo del nostro governo abbia scelto proprio la giornata di oggi, 7 ottobre, ossia la data nella quale Gheddafi ha sempre celebrato il suo ‘giorno della vendetta’ contro l’Italia, per ricordare la cacciata dei 20mila italiani nati e residenti di Libia. Gli stessi italiani espropriati nel 1970 dei loro beni, ai quali il governo ha rifiutato in questi stessi giorni l’atto di risarcimento promesso, in dolorosa coerenza con una linea di auto mortificazione della dignità nazionale”.E se il governo italiano spiega l’importanza del gasdotto Libia-Italia, in molti fanno notare che l’opera verrà ammortizzata tra un decennio e che nel medio periodo i costi peseranno tutti sulla bolletta del gas: quindi sul consumatore italiano che troverebbe più conveniente incrementare l’emunzione dalla già realizzata ed attiva linea di gas russa.

Ma c’è anche chi vede nello sviluppo di un network italiano, che coinvolga autorità di governo e aziende private estere, il punto di svolta per lo sviluppo del mercato petrolifero. Secondo Gavin Graham della Shell (una delle aziende sponsor dell’evento) “lo sviluppo sostenibile è un fattore chiave e persino le compagnie come la Shell, che da tempo operano in Libia, hanno bisogno di capire e rispondere ai bisogni in continua evoluzione del governo, della società e della compagnia petrolifera nazionale”.Ma cosa inaugura oggi Berlusconi insieme a Muhammar Gheddafi? Un gigantesco gasdotto che porterà in Italia il gas dai giacimenti Eni in Libia: frutto (secondo gli addetti ai lavori) di un investimento per il gruppo energetico del “cane a sei zampe” che entro due anni potrà trasportare fino a 8 miliardi di metri cubi l’anno di gas in Sicilia, attraverso il gasdotto sottomarino “Greenstream” e cederlo al miglior offerente. Tutto il gas, dicono quelli dell’Eni, sarebbe già stato venduto: 4 miliardi di metri cubi alla Edison Gas; 2 miliardi alla Gaz de France; 2 miliardi alla Energia Gas. Tutti i contratti sono della durata di 24 anni e, sempre secondo gli addetti ai lavori, con clausole di “take or pay”. Ma il progetto non è di oggi: avviato nel ‘99, Western Libia Gas Project, è costato complessivamente 5,6 miliardi di dollari, di cui 3 in quota Eni e 2,6 alla società di stato libica. La buona nuova è che la condotta sottomarina da 332 pollici, lunga 540 chilometri, collegherà Mellitah a Gela, in Sicilia, dove si prevede un’impennata della manodopera petrolifera specializzata. Ma il vero rebus è come potrà l’Eni giovarsi di questa scorpacciata energetica, visto e considerato che l’impianto avrà una capacità di trattamento a regime di 10 miliardi di metri cubi di gas l’anno, di cui solo 2 saranno destinati al mercato interno; gli 8 miliardi saranno residui si dovranno fermare alla frontiera (in osservanza ai tetti Antitrust che assegnano all’Eni il limite del 60% del totale del gas immesso sul mercato al 2006).

 

 

 

 

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