Frattini: l' Italia all' estero è una doppia scommessa

Del 2 giugno 2004 da Corriere della Sera

La cultura è politica, si diceva nel Sessantotto. E oggi sembra ancora vero: nell' Italia berlusconiana la cultura torna ad essere un' arma della politica, benché in altro senso: non più al servizio di una ideologia, ma del «sistema paese». Così almeno la pensa il ministro degli Esteri Franco Frattini, alla vigilia di una svolta strategica nella nostra politica culturale. Duplice l' obiettivo: la ricerca di un dialogo privilegiato sia con la sponda araba del Mediterraneo che con l' Est europeo postcomunista. Strumento della nuova missione italiana saranno gli istituti di cultura all' estero, una rete di novanta potenziali «case del dialogo», oltre che di espansione linguistica e culturale, distribuita su sessantuno Paesi. Se le cose andranno come spera il ministro, i frutti saranno politici: l' Italia potrà giocare un ruolo importante nelle relazioni internazionali con gli Stati Uniti e gli altri alleati. Dice Frattini: «Gli istituti di cultura possono essere la carta vincente per completare gli obiettivi strategici che ci eravamo posti». E cioè? «L' espansione della cultura italiana nel mondo e la internazionalizzazione del made in Italy. Sono queste le novità effettive del governo Berlusconi». ...che hanno suscitato tuttavia un bel po' di polemiche. A partire dalla accusa di voler trasformare in piazzisti i nostri ambasciatori. «In realtà, come si è visto, avviene il contrario. Gli istituti di cultura si vanno adeguando: da scuole dove si insegna semplicemente la lingua italiana a luoghi destinati ai confronti di idee. Lo ha dimostrato, ad esempio, l' ultimo convegno di Bruxelles, organizzato in collaborazione con il Corriere della Sera, dove all' ordine del giorno c' era lo scambio di valori e il dialogo fra le civiltà». In quel caso, l' interlocutore invocato era l' islam... «Che è infatti uno degli obiettivi principali della nostra politica. Gli istituti di cultura devono essere concepiti come avamposti sul territorio, a testimoniare l' attenzione che rivolgiamo all' area del Mediterraneo e al mondo arabo». Può bastare un convegno, per quanto importante, a giustificare un' ambizione così alta? «Ci saranno altri atti concreti. Oggi esistono nel mondo dieci istituti di cultura "strategici", affidati a studiosi di chiara fama, e di nomina ministeriale. Posso anticipare che penso di trasferirne alcuni nel Sud del Mediterraneo. Puntando anche su giornalisti e manager per realizzare il progetto».

Quali saranno questi Paesi? «Israele, e appunto uno degli Stati arabi mediterranei, come la Libia o l' Egitto. Lo dico provocatoriamente: se le ristrettezze economiche mi obbligassero a scegliere, preferirei stabilire un avamposto in uno di quei luoghi, a scapito della vecchia Europa. Però non equivochiamo, questo non significa abbandonare il pilastro culturale del nostro continente. Indico soltanto una priorità. Del resto quando si parla di Medio Oriente, Iraq, G8 o dimensione politica della Nato, si finisce poi sempre per guardare al Mediterraneo». L' Italia si propone di mettere a frutto questo ruolo anche nei confronti degli Stati Uniti? «Ci è già stato riconosciuto quanto abbiamo fatto con la Libia. O con palestinesi e israeliani: sotto la presidenza italiana i loro ministri degli Esteri si sono incontrati prima a Bruxelles e poi a Roma, all' inizio e alla fine del semestre italiano nell' Unione europea. In questi giorni abbiamo accolto i rappresentanti della Tunisia, un altro Paese con il quale manteniamo un dialogo privilegiato. E poi non dimentichiamo la nostra grande missione archeologica in Egitto, e il fatto che l' Iran si è rivolto all' Italia per la ricostruzione dell' area archeologica di Bam, il fiore all' occhiello di Teheran, dopo l' ultimo terribile terremoto. E che dire, in tutt' altra zona geografica, della richiesta del primo ministro cinese Uen Jao Bao durante la sua ultima visita a Roma? Si è rivolto all' Italia per restaurare la Città proibita, cioè un monumento simbolico, paragonabile al nostro Colosseo, oltre alla città natale dello stesso Bao». E' così che il governo intende procedere? Trasformando ogni occasione culturale in strumento politico? «Certo. Il disegno di legge che abbiamo presentato in Parlamento sugli istituti di cultura, attualmente in commissione, rafforza la missione di supporto alla nostra politica estera». Tutto è politica, proprio come in uno slogan del Sessantotto... «Sembra un paradosso, ma in un mondo dove prevalgono le armi, noi diciamo: deve vincere la politica. Nel Sessantotto si faceva sempre riferimento, in realtà, agli interessi di parte, oggi invece l' obiettivo è quello di far vincere il "sistema paese", cioè l' Italia». Questa politicizzazione, naturalmente, si fa sentire anche nelle nomine dei dieci direttori di «chiara fama» degli istituti culturali. «Esisteva un' alternativa: confermarle o abolirle. Ho preferito mantenerle, e le nomine che ho fatto mi sembrano delineare un' apertura al mondo non strettamente accademico, artistico o imprenditoriale, comunque non affiliato ai partiti, portatore di messaggi culturali autonomi». Un esempio? «Il regista Giorgio Ferrara a Parigi». Sarà pur sempre una applicazione dello spoil-system, una scelta all' interno dell' area politica amica... «In nessun caso il mandato dei vecchi direttori è stato revocato anticipatamente. Certo, alla scadenza naturale ho esercitato la mia facoltà di scelta». Con qualche coda giudiziaria. «Abbiamo dovuto fronteggiare il ricorso di alcuni che non sono stati confermati, ma alla fine si è riconosciuta la giustezza del nostro operato». E le polemiche che hanno accompagnato certe scelte culturali all' estero? «Quelle sono espressioni di una cultura di partito. A me sembra che certi problemi si debbano sollevare davanti ai giudici; comunque non ho fatto mai commenti, né prima né dopo i processi. Piuttosto, tengo a riaffermarlo: oltre ai direttori di chiara fama, ne esistono molti altri, eccellenti, che provengono da una carriera interna. Un effetto del sistema per concorsi voluto da De Michelis, giunto a compimento l' anno passato». Altri obiettivi strategici, oltre al Sud del Mediterraneo? «Ci sarà un potenziamento degli istituti nell' Europa orientale (i nuovi membri dell' Unione) e anche nella Federazione russa. Con quest' ultima, poi, esiste una speciale amicizia e sintonia. L' abbiamo aiutata a entrare nel sistema della Nato durante l' incontro di Pratica di Mare, per non parlare dell' opera italiana di restauro a San Pietroburgo». Altri obiettivi strategici ad est? «Direi Bulgaria e Romania, e poi Polonia, Ungheria, Cekia e Slovacchia». Si sa che la popolarità dell' italiano nel mondo sta crescendo. Come pensate di favorirla? «E' vero soprattutto negli Stati Uniti, dove l' italiano viene studiato ormai in 500 istituti e sta erodendo il terzo posto nella classifica delle preferenze al tedesco e al francese (dopo naturalmente inglese e spagnolo). Altrove la nostra strategia sarà quella di favorire cooperazione e sviluppo, facendo in modo che le nuove classi dirigenti dei Paesi emergenti adottino l' italiano. E' la vecchia tecnica sempre utilizzata dalla Francia, e che adesso finalmente stiamo imparando anche noi». L' Italia avrà abbastanza fondi da permettersi tutto questo? «Vogliamo innestare, sia a sud che ad est, una marcia superiore. Alcuni istituti saranno potenziati, ma forse potremo aumentare anche il numero dei direttori "di chiara fama", portandoli da dieci a dodici, o tredici. Insomma, se i costi ce lo consentiranno agiremo in grande». I LUOGHI IL RUOLO DELL' ISLAM Il dialogo fra le differenti civiltà è uno degli obiettivi principali della nostra politica oltre frontiera LA MISSIONE IN CINA Il primo ministro cinese Uen Jao Bao si è rivolto a noi per restaurare la Città proibita, cioè il loro monumento simbolico IL MEDIO ORIENTE Intendiamo puntare su Israele e sugli Stati arabi mediterranei come la Libia o l' Egitto L' EUROPA DELL' EST Gli obiettivi strategici includono Bulgaria e Romania, ma anche Ungheria, Polonia, Cekia e Slovacchia LE OCCASIONI L' AMICIZIA CON LA RUSSIA Con Mosca esiste una speciale amicizia e sintonia, cominciando dai restauri di San Pietroburgo UN INVITO DALL' IRAN Teheran si è rivolta a noi per la ricostruzione dell' area di Bam dopo il terremoto IL BOOM IN AMERICA La nostra lingua sta erodendo il terzo posto nella classifica delle preferenze al tedesco e al francese GLI ISTITUTI DI CULTURA Aumenteremo il numero dei direttori di chiara fama aprendo al mondo non strettamente accademico

 

 

 

 

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