L'astuta manovra di Gheddafi

di Giorgio Torchia

Del 2 luglio 2003 da Il Tempo

Silvio Berlusconi questa volta l'ha fatta proprio grossa. Pensate ha manifestato l'intenzione, parlando al Senato, di sbarcare i nostri soldati sulle coste di Tripoli. Un ritorno ai "garibaldini del mare" di Umberto Cagni ed "I motivi di Tripoli bel suol d'amore" degli inizi del secolo scorso. E l'opposizione non ha mancato di sottolineare in tutti i modi questo risveglio colonialista dell'Italia berlusconiana.
Ci sarebbe da ridere, se questa non edificante vicenda non avesse come sfondo il dramma di migliaia di disperati provenienti dall'Africa imbarcatisi sulle cose libiche, e che in gran parte periscono in mare. Berlusconi aveva anticipato che è in corso un negoziato con la Libia che dovrebbe essere concluso oggi dal Ministro Plsanu in missione a Tripoli, per cercare di arginare il flusso dei profughi. Le Forze Armate italiane, la marina in particolare, congiuntamente a quelle libiche, dovrebbero cercare di controllare lo spazio marittimo. Quello terrestre, con 1500 chilometri di frontiera nel deserto, è molto più complesso.
Poco c'è mancato, che sulla campagna orchestrata dalle sinistre, Gheddafi non cogliesse il pretesto per rifiutare l'accordo con un'Italia neocolonialista. Bisogna essere veramente irresponsabili per scatenare una campagna del genere, considerando la particolarità del personaggio Gheddafi. Il capo della Giamahiria libica è infatti l'unico leader dei paesi già dominati dall'Europa che mantiene in vita un assurdo contenzioso coloniale (pretende tra l'altro i danni di guerra) dopo oltre mezzo secolo e trattati tra cui quello del 1956, che avrebbero dovuto chiudere la vicenda.
Gheddafi mantiene la festa del 7 ottobre, il giorno della vendetta contro gli italiani, si rifiuta di saldare i crediti dell'Italia, che ammontano a 877 di euro, vieta l'ingresso come turisti ai 20 mila nostri connazionali, (rispettati dal Senusso) che ha espulso nel 1970. Chiede continui risarcimenti.
II leader libico non tralascia occasione per ricordare agli esponenti del governo italiano le nostre colpe coloniali. A D'Alema che gli ha portato in regalo la Venere di Leptis Magna, (ma vuole anche quella di Cirene) che Balbo aveva regalato a Goebels, ed a Berliuconi che nella sua visita, dell'ottobre scorso, aveva cercato di superare un' antistorica situazione di stallo; piena di ipocrisie, Gheddafi ha regalato, "simbolicamente" un moschetto italiano. Questo per una guerra, chiamiamola così, finita il 1933, mentre la Francia, che con l'Algeria ha finito la sua, ben più grave e sanguinosa, nel 1962 è fatta segno a omaggi e riconoscimenti. Il presidente Bouteflika si reca allo Chemin des Dames per rendere omaggio ai soldati algerini (l'equivalente francese degli ascari) caduti nella prima guerra mondiale, Chirac che alla guerra d'Algeria ha partecipato come tenente, nella sua visita ad Algeri del marzo scorso è stato sommerso da un delirio di folla. Un paragone stridente e non isolato, che evidenzia l'anomalia del caso libico.
Ora l'Italia sta cercando di rilanciare il rapporto con Tripoli, che ha un doppio livello. Perché dietro le polemiche c'è un quadro economico particolarmente eloquente. L'Italia, primo partner commerciale. Importazioni, prevalentemente di petrolio, che assicurano il 33 per cento del nostro fabbisogno - su una produzione globale annua 1,4 milioni di barili al giorno - per 5465 milioni di euro (2001), contro esportazioni per 1293.
Gheddafi è disposto ora a collaborare in cambio dell'aiuto dell'Italia per il superamento dell'embargo deciso dagli Stati Uniti e dall'Europa nel 1992, a seguito, anche, di tre sanguinosi attentati terroristici. Lockerbie (1988), Tenerè (1989), e Berlino (I986) che l'hanno spinto in rotta di collisione con la Gran Bretagna, Francia e Germania, ponendo la Libia tra gli "Stati canaglia".
L'Italia, favorita dai segni di distensione che si avvertono in seno all'UE, cerca di convincere gli americani ad attenuare l'embargo e consentire a che la Libia disponga di mezzi militari (motovedette, aerei, elicotteri, visori notturni ecc.) per la lotta all'immigrazione clandestina.
È una chiara manovra astuta di Gheddafi che sembra ispirarsi al suo amico Castro che cercò di invadere di profughi gli Uniti per ricattarli.

 

 

 

 

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