Intervista al dirigente libico: il governo italiano è troppo vicino ad Israele, si mostri amico degli arabi.
"Niente armi chimiche la Libia rispetta gli accordi".
Il figlio di Gheddafi: sulla nave nulla di illegale

di Vincenzo Nigro

Del 19 gennaio 2003 da La Repubblica

ROMA-"La Libia non ha armi chimiche, non ha armi di distruzione di massa. Abbiamo firmato tutti gli accordi che riguardano la sperimentazione, la produzione, il commercio di queste armi, e rispetteremo queste intese. La nave fermata nel porto di Genova? Le sostanze che trasporta sono destinate alla nostra industria petrolifera, sono state richieste dalla National Company Drilling & Equipment: si tratta di prodotti chimici utilizzati nella fase di trivellazione". Saif el-Islam Gheddafi, "l'ingegnere", tra i figli del leader libico è il più politico, il più autonomo ed elaborato nella costruzione delle sue relazioni politiche internazionali. Nei giorni scorsi è stato a Roma, Repubblica l'ha intervistato; ieri da Tripoli ha accettato di integrare la sua intervista rispondendo a una domanda sui fusti di sostanze chimiche sequestrati nel porto di Genova. "Abbiamo saputo della vicenda dalla stampa italiana. Quei componenti chimici sequestrati vengono utilizzati nella trivellazione del petrolio. Erano diretti a una società libica. Io ripeto che il governo libico ha firmato e rispetterà tutti gli accordi per la limitazione delle armi di distruzione di massa. Nei nostri piani non c'è la fabbricazione di armi chimiche, nè atomiche, nè missilistiche. Presto nostra fabbrica chimica di Rabta verrà gestita in accordo con una società farmaceutica italiana per garantire la trasparenza delle nostre azioni. Noi non riteniamo di avere dei nemici, quando non abbiamo bisogno di queste armi". Saddam Hussein invece per anni ha lavorato a tutte queste armi: soltanto adesso, dopo le pressioni militari americane, si è deciso ad aprire il suo paese agli ispettori. "Noi non sosteniamo il regime iracheno, ma crediamo che a questo punto i suoi sforzi di apertura vadano riconosciuti. Gli ispettori hanno perquisito anche gli uffici di Saddam, gli iracheni si stanno mostrando cooperativi, l'approccio deve cambiare". Ci sono militanti libici pronti a combattere per l'Iraq ? "Secondo le mie informazioni molti volontari in tutto il mondo arabo, non solo in Libia, si sono rivolti alle ambasciate irachene. Arruolarsi per la guerra in Iraq sarà una forma di Jihad, di guerra santa: noi non vogliamo il terrorismo, noi assistiamo alla lotta di un popolo contro un'aggressione straniera. Il governo libico non organizza nulla, ma nessuno potrà impedire a liberi cittadini di combattere per un altro popolo arabo". Più volte lei ha parlato di riforme in Libia. "Se tu rimani fermo, se il sistema rimane statico, questo creerà prima o poi un problema. Le cose intorno, nel mondo stanno cambiando, l'evoluzione delle cose è assai veloce. Dobbiamo creare un modello politico più trasparente, che favorisca lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese, con maggiore confronto e coinvolgimento. Dobbiamo costruire qualcosa che possa essere un modello per il Medio Oriente". Suo padre è d'accordo ? "Con mio padre viviamo nella stessa casa, facciamo parte della stessa famiglia: discutiamo, ma siamo una famiglia democratica, aperta. Il leader, vista la sua esperienza, la sua stessa età, in qualche modo sarà "conservatore" nel suo atteggiamento, ma in sostanza è d'accordo con tutti noi sulla necessità di sviluppare il sistema politico ed economico. Ma per la sua esperienza ritiene che i passi debbano essere compiuti con prudenza e cautela per non destabilizzare il sistema...oggi in Libia le cose stanno cambiando: non ci sono più prigionieri politici, tranne alcuni elementi che fanno parte dell'estremismo islamico. Da una settimana è partita una forte campagna per evitare la tortura ai prigionieri. Inoltre da 8 mesi il governo libico lavora senza nessun intervento diretto del leader Gheddafi. Il leader ha intenzione di lasciare la guida del governo ai ministri: è la prima volta che rivelo questa sua decisione". Quale messaggio vuoi lanciare al governo italiano ? "Vorrei chiedere all'Italia di mostrarsi amica verso il popolo arabo. Da amico dell'Italia, mi permetto di chiedere al suo governo di non esternare sentimenti di ostilità nei confronti dell'Islam. Molti ci riferiscono che la posizione del governo italiano è quasi più ostile nei nostri confronti di quella dei governi britannico o americano: noi non riusciamo a capire la vicinanza del governo italiano con quello israeliano che massacra i palestinesi. Abbiamo l'ardire di esprimere queste opinioni perché siamo in buoni rapporti con la maggioranza di governo italiana e con l'opposizione.

Se l'Italia dice che Israele dovrà far parte dell'Unione Europea mentre critica l'Islam questo produce del risentimento!". Da 'amico", Saif el Isiam parla chiaro a Silvio Berlusconi.

 

 

 

 

 

Galleria Immagini
Decennale AIRIL

Contatti

Sede Legale

Via Sistina, 121 - 00187 - Roma
(c/o DayOffice)

tel: 06-47818521 - fax: 06-47818444
email: presidenza@airil.it