"Soldati italiani a presidiare la Libia". Ma Tripoli smentisce

di Andrea di Robilant

Del 27 giugno 2003 da La Stampa

ROMA - Militari italiani potrebbero presto pattugliare i porti e le acque territoriali della Libia nel tentativo bloccare l'arrivo in Italia di "carrette del mare" cariche di clandestini. E' quanto ha prospettato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi presentando ieri in Parlamento il programma per il semestre italiano nella Ue.
"Siamo in procinto di firmare un accordo con la Libia che prevede l'invio di soldati italiani per il controllo dei porti libici e delle frontiere", ha detto il premier, aggiungendo che "le nostre navi potranno navigare nelle acque libiche".
L'anticipazione di Berlusconi ha colto molti parlamentari di sorpresa perché l'accordo con Tripoli non è ancora stato raggiunto e non è chiaro a che punto sia il negoziato condotto dal ministero degli Interni. Da vari giorni si parlava di un viaggio imminente del ministro Giuseppe Pisanu in Libia per stringere un accordo con le autorità locali, ma non è ancora stata annunciata una data.
A tarda sera palazzo Chigi ha diramato un breve comunicato nel quale confermava che era in corso di negoziazione un "memorandum d'intesa" tra i due Paesi che prevede "la collaborazione dell'Italia e un sostegno all'addestramento e nella logistica alle autorità libiche competenti per il pattugliamento del mare antistante le coste della Libia".
La nota di palazzo Chigi aggiunge che "sono previste forme di esercitazione congiunte a terra, all'interno e all'esterno delle acque territoriali libiche per la prevenzione e per il controllo dei flussi migratori clandestini in partenza dalle coste libiche".
Ma il governo di Tripoli ha dichiarato di non aver ricevuto finora "nessuna comunicazione sull'invio di soldati italiani in Libia". "Offriamo la massima disponibilità alla collaborazione con l'Italia - ha detto una fonte del ministero degli esteri - ma nei termini in cui è stata presentata la proposta per il dispiegamento di militari italiani sul territorio libico non sembra possa neppure essere discussa, perché tocca temi costituzionali e principi della sovranità dello Stato".
Intanto al ministero degli Interni spiegano che l'accordo con la Libia è per certi aspetti simile a quello raggiunto qualche anno fa con l'Albania, che prevedeva il pattugliamento da parte di motovedette italiane con equipaggi "misti", cioè con una presenza albanese a bordo. Era anche previsto l'uso di elicotteri sopra le acque territoriali albanesi e i controlli da parte italiana si estendevano anche all'interno dei porti.
Ma il caso della Libia, fanno notare, è molto diverso da quello albanese per almeno due motivi, uno geografico e l'altro politico. La Libia ha più di mille e cinquecento chilometri di costa, quasi dieci volte la lunghezza di quella albanese, per cui i mezzi militari necessari per un pattugliamento efficace dovranno essere molto maggiori. In più, la Libia è ancora sotto embargo internazionale e gli accordi presi con Tripoli dovranno essere attentamente vagliati anche a Washington e Bruxelles.
Berlusconi ha ricordato ieri che l'Italia ha già raggiunto numerose intese con altri Paesi del Mediterraneo per contrastare lo sbarco di clandestini sulle coste italiane. Ognuno di questi accordi prevede una maggiore collaborazione da parte del Paese firmatario nel bloccare le partenze verso l'Italia (le intese con Egitto e Marocco, ad esempio, hanno già dato frutti importanti). In cambio, l'Italia concede aiuti nelle forme più diverse, dal pagamento dei voli per il rimpatrio dei clandestini all'aumento delle quote di immigrati regolari.
Non è ancora chiaro quale sia il quid pro quo nel caso della Libia. Ed è difficile immaginare che Tripoli acceda ad un'intesa importante come quella tracciata ieri da Berlusconi ricevendo in cambio soltanto "le camionette e i binocoli infrarossi" di cui ha parlato in questi giorni il ministro degli Esteri Franco Frattini. Berlusconi ha comunque fatto più volte capire che l'Italia potrà sostenere con maggior vigore, durante il semestre di presidenza italiana della Ue, la necessità di allentare l'embargo europeo contro la Libia.

 

 

 

 

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