"Nostri soldati sulle coste libiche"
Berlusconi: fermeranno gli sbarchi. E nel Polo non scorre il sangue

di Gianluca Luzi

Del 27 giugno 2003 da La Repubblica

ROMA - Soldati italiani in Libia per contrastare l'immigrazione clandestina. Navi militari con il tricolore che incrociano nel Golfo della Sirte. La notizia shock, che d'un colpo riporta alla memoria vecchi filmati di "conquiste" coloniali, la fornisce il presidente del consiglio proprio alla fine del suo discorso al Senato e un'ora dopo in replica alla Camera. Si sa, quello dell'immigrazione è un tema bollente nella maggioranza, e quindi l'annuncio di un intervento così drastico per impedire le partenze dei clandestini è proprio quello che ci vuole. Quindi: "La Libia, anche per intervento personale del presidente del consiglio, ha smantellato recentemente un campo profughi, e stiamo preparando la firma congiunta di un accordo che ci consentirà di avere soldati italiani che controlleranno l'attività nei porti libici, l'attività sulle frontiere e consentiranno alle nostre navi di navigare nelle acque territoriali della Libia". In realtà si tratta di qualcosa di diverso e poche ore dopo sarà un comunicato di Palazzo Chigi a ridimensionare l'annuncio di Berlusconi. L'accordo incorso di negoziato prevede "la collaborazione dell'Italia ed un sostegno nell'addestramento e nella logistica alle autorità libiche competenti per il pattugliamento del mare antistante le coste della Libia. Sono previste anche forme di esercitazione congiunta, a terra, all'interno e all'esterno delle acque territoriali libiche, per la prevenzione e per il controllo dei flussi immigratori clandestini in partenza dalle coste libiche stesse". Il doppio intervento di Berlusconi in Parlamento doveva servire per illustrare le linee programmatiche del semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea, ma il presidente del consiglio - che ha alterato al volo la richiesta arrivata il giorno prima dall'opposizione - ha svolto un vasto "preambolo" tutto dedicato alle fibrillazioni nella maggio-ranza. Un discorso che per l'Ulivo è "una autocelebrazione trionfalistica", ascoltata da D'Alema "solo per spirito di servizio", ma che ha consentito al Cavaliere di rimettere in riga la sua rissosa coalizione a cui chiede "uno straordinario sforzo di coesione", avvertendo - con il tono di chi si rivolge all'opposizione, ma in realtà sta parlando ai suoi -- che "da noi non scorre il sangue". "Un cittadino italiano moderatamente informato o moderatamente disinformato - esordisce il premier - potrebbe oggi pensare che nel paese sta succedendo chissà cosa, o magari che si sta inaugurando un'epoca di turbolenza paragonabile a quella della scorsa legislatura". In effetti le immagini viste in tv del capogruppo leghista Cè che insolentisce il ministro dell'Interno Pisanu il quale lascia l'aula di Montecitorio, qualcosa del genere l'avevano fatto sospettare. Invece no. Berlusconi, con il sorriso di chi la sa più lunga degli altri, assicura: "Niente, ma proprio niente suggerisce che la coalizione e il governo che ho l'onore di presiedere ai avviino sullo stesso accidentato cammino dei predecessori". Certo, ammette il presidente del consiglio, "qualche volta anche noi siamo più che vivaci, qualche volta succede che personalità e partiti forti, nutriti di idee e di tradizioni diverse, tirino di fioretto. Qualche volta c'è perfino qualcuno che usa le scimitarre. Ma da noi non scorre il sangue. Non ci sono veleni, e noi non offriremo al paese una lunga e inconcludente battaglia tra leader". Comincia il semestre italiano e all'opposizione Berlusconi "non chiede una tregua, chiede solo di valutare gli atti più impegnativi senza pregiudizio, realizzando quando sia possibile un livello minimo di intesa nazionale o di fair play sulle questioni cruciali che interessano tutto il paese e il suo rapporto con i partner europei".

 

 

 

 

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