La Farnesina a Tripoli: occorre più collaborazione Comunicata una formale protesta all’incaricato d’affari libico

di Andrea di Robilant

Del 25 giugno 2003 da La Stampa

Il governo ha compiuto una formale protesta contro la Libia perché a suo avviso non ha collaborato abbastanza nel bloccare le carrette piene di clandestini che partono dalle sue coste verso l'Italia. Tripoli ha respinto l'accusa, insistendo che non si tratta di una mancanza di volontà, ma semmai di una mancanza di mezzi per controllare migliaia di chilometri di coste e frontiere nel deserto, mezzi che l'Italia sta cercando di far avere ai libici attraverso una deroga parziale all'embargo.

Su richiesta del ministro degli Esteri Franco Frattini, il direttore generale per il Mediterraneo Riccardo Sessa ha convocato ieri alla Farnesina l'incaricato d'affari libico a Roma, Abdui Hamid Zoubi, e gli ha detto che l'Italia si aspetta uno sforzo molto maggiore dalle autorità libiche, anche perché il nostro governo teme che migliaia di clandestini cercheranno di raggiungere le coste italiane dalla Libia nel corso dell'estate. A Tripoli un portavoce del ministero degli Esteri, Hassuna al Shawsh, ha risposto che la Libia non può accettare di essere additata come il principale Paese responsabile per il traffico di clandestini: «Non possiamo essere i soli responsabili per la protezione del Mediterraneo. I confini della Libia si estendono per migliaia di chilometri nel deserto con i Paesi arabi e le sue coste sul Mediterraneo sono lunghe duemila chilometri, il che rende difficile limitare il flusso dei rifugiati verso l'Europa». Il governo libico è tornato ad insistere sull'argomentazione che non è assolutamente in grado di vigilare su confini così estesi senza avere i mezzi di controllo necessari. «Chiunque è a conoscenza del fatto che la Libia non dispone di quei mezzi», ha insistito Al Shawsh. «Non abbiamo le navi o gli aerei per fronteggiare il fenomeno, a causa dell'embargo internazionale».

Il ministro Frattini ribadisce che l'Italia sta lavorando per ottenere dalla comunità internazionale almeno una revoca parziale dell'embargo, che permetta al governo libico di dotarsi quantomeno di camionette, canocchiali infrarossi e altri strumenti indispensabili per controllare i mille e cinquecento chilometri di frontiera nel deserto. «La Libia chiede di poter acquisire mezzi non di tipo strategico e militare – ha spiegato - e noi dobbiamo darci da fare per incoraggiarla, superando le perplessità che ancora permangono da parte di qualcuno». A quanto pare la Germania è ancora restia ad un allentamento dell'embargo della Unione Europea. «Bisognerà valutare con chiarezza – ha proseguito Frattini – quali tipi di forniture possono essere dati senza problemi e quali no, ma certamente il negoziato politico è indispensabile». Nel frattempo cresce la polemica tra governo e opposizione sulla paternità di alcune iniziative nella lotta contro l'assalto delle coste italiane da parte dei clandestini. In un'intervista al Corriere della Sera, Frattini, aveva detto che l'Ulivo «non aveva mai chiesto di far diventare l'immigrazione un problema europeo, mentre noi l'abbiamo chiesto e ottenuto». L'affermazione ha fatto saltare la mosca al naso a Piero Fassino, segretario dei ds e Guardasigilli nell'ultimo governo di centro-sinistra: «Mi rammarico che il ministro Frattini faccia velo alla propria intelligenza con la faziosità: non è una novità che il problema dell'immigrazione debba essere affrontato su scala europea e Frattini fa finta di ignorare che è stato un governo di centrosinistra a porre la necessità di una dimensione europea del governo di questo fenomeno». Frattini aveva anche rivelato che stava studiando la possibilità di aumentare la quota di immigrati regolari a quei Paesi che fanno un serio sforzo, una specie di premio per i più virtuosi. «Già fatto», ha replicato piccato Giorgio Napolitano, ex ministro dell'Interno e autore con Livia Turco della legge sull'immigrazione del 1998.

 

 

 

 

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