Parla il ministro dell’Interno Pisanu: seguirò le leggi italiane, internazionali e la mia coscienza
“I naufraghi si soccorrono, niente urla da osteria”

Del 22 giugno 2003 da La Repubblica

«Qui ci sono dei poveracci morti in mare mentre cercavano di sfuggire alla miseria e alla fame. Nient'altro. Dovremmo fare tutti almeno un minuto di silenzio di fronte a questo dramma antico e modernissimo della disperazione, che ci arriva in casa. Silenzio. In segno di rispetto, di condivisione, e di impegno perché le cause prime di queste tragedie vengano affrontate alla radice. Chi sbraita, speculando su istinti più bassi, sulla chiusura della gente nelle nostre illusorie sicurezze, sulla paura egoista di capire, e condividere, non merita risposta. E infatti io non raccolgo le polemiche. Non ascolto nè grida nè invettive. Resto qui al mio posto a lavorare».

Scelto da Umberto Bossi come il nemico politico di questa estate 2003, il ministro dell'Interno Beppe Pisanu va avanti per la sua strada. Cosa risponde alla Lega che contesta il suo «decretino» e lo definisce un ministro ormai aleatorio ?

«Non ho letto e non ho sentito, non per superbia, ma perché avevo da fare. Abbiamo contato il numero di clandestini morti nel Mediterraneo, ci siamo chiesti quante altre carrette del mare col loro carico di disperazione stanno partendo in queste ore per puntare sulle nostre coste, abbiamo cercato di individuare le emergenze prima che esplodano. Ecco la mia agenda».  I

E le polemiche con gli alleati di governo ? Fino a quando potrà far finta di niente e andare avanti ?

«Di tutto questo, morti, emergenze, strategia di contrasto e di sicurezza, ho scelto di parlare solo  con il Presidente del Consiglio e i colleghi di governo quando me lo chiederanno. Intanto c'è una richiesta di discussione in Parlarmento. Deciderà il Presidente Berlusconi come procedere. Io intanto rispondo con i fatti».

E come ?

«Adottando le decisioni di mia competenza e dicendo la verità ai cittadini, prima di tutto. Anche se è scomoda da ascoltare, e la demagogia sarebbe una facile scorciatoia. Ma è inutile fingere. Io sono angosciato per quanto è successo nel nostro mare. Ma non posso dirmi sorpreso».

Si aspettava sbarchi in massa di clandestini ? O prevedeva il disastro ? E perché ?

«Da mesi martello tutti, i miei colleghi italiani ed europei sulla necessità di arrivare in fretta, subito, ad una gestione europea integrata delle frontiere a mare. E invece, il problema è cresciuto nel silenzio generale, nel disinteresse colpevole molti, sotto la linea d'ombra della coscienza civica europea, qualcosa che dovremmo pur avere in comune, oltre l'euro che portiamo in tasca. Si è fatto finta di non vedere, di non capire, di non sapere cosa stava preparando. Eppure bastava alzare gli occhi».

Tutti sapevano, dunque, e hanno fatto finta di niente, fino ad arrivare ai morti in mare ?

«Le dico solo questo, tragga conseguenze da solo. Abbiamo avuto giorni di mare così tempestoso che i traghetti per la Sicilia sono rimasti ancorati in porto.

Ebbene, in quelle stesse ore le carrette del mare puntavano verso le nostre coste. Perché quando non hai né lavoro, né prospettive, né cibo, né futuro per i tuoi figli, la spinta alla sopravvivenza diventa inarrestabile. È più forte di tutto: dei pericoli e dei negrieri, delle leggi e della paura. Si parte dal terzo mondo verso il primo, perché si pensa che un viaggio in mare, sia pure in condizioni disperate, possa annullare distanze di secoli, condanne al sottosviluppo, miserie che pesano come una condanna o una maledizione sui bambini. Perché non dovrebbero parti­re, se nessuno li aiuta a sopravvivere a casa loro, e soprattutto se con un viaggio possono abbandonare tutto questo e arrivare alla terra promessa»?

L'Occidente dunque deve pen­sare solo a politiche di accoglienza, perché un controllo dei flussi non è possibile?

«L’Occidente deve prima di tutto rispondere a una domanda. Che cos'è oggi Occidente ? Che cos'è Euro­pa ? Abbiamo o no una storia alle spalle, che è anche una storia di la­voro e di emigrazione, noi europei ? E abbiamo o no una civiltà alle spal­le, che è più di tutto una civiltà cri­stiana, e non può farci dimenticare la solidarietà per abbandonarci agli istinti, primo fra tutti l'istinto egoi­sta della paura ? Oppure siamo solo un insieme di Paesi spaventati, che cércano inutilmente di cancellare il problema, ignorando che la paura non può diventare politica» ?

E lei crede che l'Europa sia la grado di dare una risposta comune?

Sì, ma fino a ieri non lo ha fatto. Come le ho dtetto, ha chiuso gli occhi. Finalmente a Salonicco i governi lo hanno capito».

Che cosa cambierà in concreto ?

«La cosa più concreta che c'è: soldi e controlli. Soldi europei, con fondi della Commissione, finalmente, e controlli alle frontiere concertati e comuni, perché il proble­ma è di tutti. Si faranno pattugliamenti europei in acque internazionali, cercando di intercettare le na­vi dei clandestini più al largo possi­bile. Fino ad oggi l'abbordaggio è realizzabile solo per tre reati: l’uso illegale delle frequenze radio, la pirateria e il traffico di esseri umani. Con il protocollo di Palermo, final­mente, il traffico di clandestini è stato equiparato a quello di esseri umani. Adesso il protocollo per en­trare in vigore deve essere approva­to da 40 Paesi. Lo hanno già sotto­scritto 36, dunque ci siamo».

L'Italia lo ha firmato ?

«Stiamo per farlo. Con queste nuove misure può cambiare molto. Stiamo discutendo con diversi part­ner europei e in particolare con Ci­pro e Malta per varare un controllo coordinato del mediterraneo cen­tro-orientale. Potremo così creare basi comunitarie dove convogliare i clandestini dalle navi abbordate, e qui controllare le esigenze di cura, d'intervento, i rimpatri immediati, le domande d'asilo».

Lei sta dicendo che l'Europa può far finire gli sbarchi di clandestini ?

«Naturalmente no. Ma può avviare un controllo, un governo del fenomeno. In acque internazionali prima, e poi nelle acque territoria­li».

Ma chi arriva In Italia sarà accolto come vuole la Lega ? L'Europa non ha nulla da dire a Bossi e alle sue cannonate ?

«Chi arriva in questo modo, su queste navi, dopo questi viaggi, è nella condizione tecnica, giuridica e soprattutto umana di naufrago. Non c'è altra parola possibile. E al­lora, bisogna essere onesti. La con­dizione di naufrago fa scattare l'ob­bligo di soccorso. Non serve il Con­siglio dei ministri per deciderlo: l'ultimo pescatore di Mazara del Vallo lo sa benissimo. E nessun pe­scatore si sottrarrebbe al dovere di soccorso. Comunque col nuovo decreto sul contrasto a mare la Marina Militare potrà operare sulle acque internazionali e la Guardia di finanza, con l'aiuto delle altre forze di polizia, sulle acque territoriali».

Lei sta dicendo che quando i clandestini-naufraghi arrivano c'è una sola politica possibile, per lei, per Martino e anche per Tremonti: è così ?

«Se siamo essere umani, prima che portatori di inutili ideologie sì, praticamente è così. Infatti il pro­blema del governo dei flussi non si gioca all'arrivo, ma in partenza. Bi­sogna evitare che queste navi parta­no. E bisogna usare la carta dell'Eu­ropa, la sua voce, che è più forte della voce dei singoli Stati. Si può, e l'Albania lo dimostra. Agendo in modo concordato e coordinato, nel giro di pochi anni si può ridurre il flusso quasi a zero».

Dopo l'Albania, con chi vuole negoziare un controllo dei flussi?

«C'è ormai un sentire comune tra i cinque maggiori Paesi europei che sono anche le mete principali dei migranti e stanno maturando ipo­tesi operative comuni con diversa Paesi nordafricani. Inutile nascon­derei che la politica pan-africana della Libia, un Paese dove tutti en­trano e da dove tutti escono, è oggi un grosso problema. L'accordo è faticoso ma Gheddafi sembra pronto a collaborare. E' un passaggio obbligato e cruciale.

Perché?

«Le rispondo con un esempio. Fino a ieri i profughi dallo Sri Lanka finivano in mano alla mafia ucraina che per undici milioni a persona organizzava un viaggio di due mesi verso l’Italia partendo dall'Oceano indiano per passare dal Mar Rosso, da Suez, e arrivare infine nel Mediterraneo. Adesso arrivano via terra o dalla Libia e da lì via mare fino all’Italia e nel resto d'Europa. Dobbiamo chiudere le frontiere libiche a questa penetrazione-uscita. L'Europa può farlo»

Si rende conto, ministro, che [stimo parlando di problemi migratori con spinte enormi ? Non le pare che la barriera normativa europea, gli accordi bilaterali, siano uno strumento inadeguato di fronte alle motivazioni di chi fugge la miseria ?

«Lo so benissimo. Ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Ad esempio credo in una lotta senza  quartiere ai mercanti di uomini. L’Europa lo ha già fatto, molti annni addietro, ribellandosi alla schiavitù. Bisogna capire che qui è peggio, drammaticamente peggio. Il mercante di schiavi organizzava il viaggio e il carico, ma era interessa­to a portare gli uomini a destinazione in buone condizioni, altrimenti non guadagnava. Qui tutto si ribalta, tempi, modi e convenienze. Con esiti drammatici. Il mercante è pa­gato alla partenza. Non gli importa nulla né del viaggio, nè dell'arrivo. Le navi, non sono navi, la minaccia - al momento dell’intercettazione — di sequestrar­le e distruggerle non serve, per­ché il mercante se le è già ripaga­te tre, quattro, dieci volte alla partenza. Anzi, abbiamo accer­tato che nel traf­fico dallo Sri Lanka c'è la consuetudine di addestrare durante la settimana qualcuno dei clandestini ad un governo sommario della nave: che cosi viene presto abbandonata dall'equipaggio al suo destino di sciagura».

La Lega tutto questo lo sa ?

«Non saprei. Molti fanno finta di non vedere, E invece l'unica risposta è una politica realista, non la demagogia».

Che tipo di realismo propone?

«L'Europa deve contrattate con i Paesi del Terzo Mondo un numero di permessi regolari ogni anno, chiedendo in cambio una politica di controllo dei clandestini, e accordi di rimpatrio. Chi nega questa stra­gi, nega l'evidenza».

Nega anche una necessità della nostra economia. Bossi sa che mentre urla contro i clandestini il suo ministro Maroni ha firmato pochi giorni fa un'autorizzazione per 19 mila ingressi stagionali ?

«Non c'è altra via, salvo decidere di non raccogliere le mele in Trentino o di non fare vendemmia. Per questo dico che il problema degli immigrati si affronta solo guardandolo in faccia, senza urla da osteria. Si crea un caso per quei disgraziati che riescono ad arrivare dal mare e si dimentica che da inizio gennaio sono in tutto 6500. Mentre nello stesso tempo gli irregolari espulsi 25 mila. Ha capito ? Quasi quattro volte di più».

Lei sta difendendo la legge che la Lega giudica inefficace ?

«Io dico che sotto l'aspetto numerico quella legge funziona, come le cifre dimostrano. E in ogni caso, di quelli che arrivano solo il 20 per cento si ferma in Italia, gli altri si disperdono in tutta l'Europa. Ecco perché le chiavi della risposta sono soprattutto europee. In Italia comunque  stiamo facendo tutto il possibile impiegando molte risorse e molti mezzi».

Lei però è dentro una polemica tutta italiana, come l’uomo che non controlla le frontiere. Se Bossi dovesse insistere, cosa farà ?

«Farò quello che mi consentono gli accordi internazionali, le leggi del mio Paese e la mia coscienza. Nient’altro, perché non ne sarei capace. E soprattutto perché sarebbe sbagliato».

 

 

 

 

 

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