Berlusconi da lunedì nella regione.
Frattini sonda gli umori dei Paesi arabi.

dall' inviato Ezio Pasero

Del 6 giugno 2003 da Il Messaggero

TUNISI - Se alle espressioni di cordialità e alle strette di mano seguirà almeno qualche fatto concreto, allora la maratona del ministro degli Esteri Franco Frattini segnerà l’avvio di quel progetto di pace e di sviluppo del Mediterraneo che l’Unione Europea intende avviare nel semestre di presidenza italiana, nel segno della più intransigente lotta al terrorismo. Perché è proprio quello della lotta al terrorismo il filo principale della missione di sei giorni in altrettanti Paesi arabi del responsabile della Farnesina: che, dopo aver visitato Marocco, Libia e Tunisia, sarà da oggi in Algeria, Libano e Siria per una serie di incontri con i principali responsabili politici di questi Paesi.
Che l’Italia abbia deciso di impegnarsi a fondo per dare il suo contributo al processo di pace in Medio Oriente, lo testimoniano la visita in Israele del presidente del Senato Marcello Pera la settimana scorsa, questa intensa missione del ministro Frattini e la visita nella regione di Berlusconi il quale, dopo aver detto ieri di aver «concordato la linea da tenere» con Bush, lunedì prossimo sarà in Israele, martedì in Giordania e mercoledì in Egitto. Anche se la "grande amicizia" e la "completa identità di vedute" con gli Stati Uniti continuamente sbandierate dal governo, forse per dare maggiore incisività all’azione di un Paese come il nostro, tradizionalmente escluso dai tavoli delle grandi decisioni internazionali, rischiano di ridurre il ruolo della diplomazia italiana a quello di semplice latore dei messaggi degli americani. La guerra in Iraq ha invece fatto drammaticamente emergere posizioni e visioni distinte, all’interno dell’Unione Europea, delle quali l’Italia, che si appresta a guidarla per i prossimi sei mesi, non potrà non tener conto.
Consapevole che la fine del terrorismo e delle complicità di alcuni stati arabi che lo hanno tollerato o addirittura protetto non può avvenire a costo zero, ma esige il coinvolgimento di questi Paesi in un progetto di sviluppo, il ministro Frattini affronta nel corso dei suoi incontri temi economici, oltre che politici, che un’Europa distratta dai propri problemi di crescita interna ha in molti casi accantonato. E mentre il Marocco, già avviato dal suo giovane sovrano sulla strada di una progressiva democratizzazione, aderisce con convinzione alla lotta contro quel terrorismo che ha dolorosamente sperimentato il mese scorso a Casablanca, la Libia non sembra disposta a fare concessioni in nome degli accordi di Aqaba e di una prospettiva di pace in Israele. «La Libia non confina con l’area del conflitto e non ha un rapporto diretto con i palestinesi, che sono liberi di gestirsi e di decidere quello che gli aggrada», ha detto infatti il ministro degli Esteri libico Abdurrahman Shalgam. Per la verità Gheddafi, ha riferito poi Frattini al termine di un successivo incontro di oltre un’ora con il leader libico, ha poi definito "irreversibile" la lotta al terrorismo, come però faceva anche negli anni in cui la Libia era considerata uno "stato canaglia" che ai terroristi dava rifugio e protezione. Le stesse accuse vengono rivolte dagli americani a Libano e Siria: la visita del responsabile della Farnesina in questi due Paesi costituirà anche un primo interessante test delle loro reazioni agli accordi di Aqaba.

 

 

 

 

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