Ustica, Bologna e il Colonnello

di Lino Iannuzzi

Del 28 dicembre 2003 da Il Giornale

Il 17 dicembre la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato la condanna di Luigi Ciavardini, il neofascista che era stato accusato di aver portato la valigia con l'esplosivo nella sala d'aspetto della stazione di Bologna e di aver causato la strage che il 2 agosto 1980 provocò 85 morti e 200 feriti e a cui la corte d'Assise aveva inflitto in appello 30 anni di reclusione. Due giorni dopo, il 19 dicembre, i pubblici ministeri del processo per i presunti depistagli legali al disastro del Dc9 Itavia precipitato con 81 passeggeri al largo di Ustica il 27 giugno 1980, trentasette giorni prima della strage di Bologna, hanno chiesto l'assoluzione per due dei quattro generali imputati di attentato agli organi costituzionali con l'aggravante dell'altro tradimento, e pene lievi, assolutamente "simboliche" come essi stessi le hanno definite per gli altri due. E i due pm hanno confessato la loro "amarezza" per non essere riusciti, a distanza di quasi 24 anni dal disastro e dopo nove anni di processo e nove udienze di requisitoria, "ad individuare le cause della tragedia e i responsabili che, comunque, non siedono in quest'aula". Nel giro di due giorni, tra il 17 e il 19 dicembre, sembrano crollati quasi contemporaneamente tutti e due i teoremi che hanno imperversato per più di 20 anni, quello della bomba "fascista" alla stazione di Bologna e quello del missile "americano" che avrebbe colpito l'aereo nel cielo di Ustica. La singolare coincidenza ci ha suggerito una domanda: se non è stato il fascista a portare la bomba nella stazione di Bologna e se non sono stati gli americani a sparare il missile, chi è stato ? E non sarà che, se dopo più di vent'anni e dopo tanti processi, non si trovano i veri responsabili né dell'uno né dell'altro misfatto, questi andrebbero cercati nella stessa direzione e per aver operato nello stesso breve periodo di tempo, trantesette giorni, e sullo stesso territorio (anche il Dc9 dell'Itavia partì dall'aeroporto di Bologna) e per gli stessi motivi ? E la domanda ci ha indotti a cercare e a rileggere un piccolo libro di 120 pagine pubblicato da Franco Angeli otto anni fa: si intitola "La minaccia e la vendetta" sottotitolo "Ustica e Bologna: un filo tra le due stragi". L'autore è Giuseppe Zamberletti, che è stato deputato e senatore dal '68 al '94 e ministro della Protezione Civile per anni, e poi ministro dei Lavori pubblici, e sottosegretario agli Interni e agli Esteri. È quest'ultima veste che Zamberletti il 2 agosto 1980, proprio il giorno della strage alla stazione di Bologna, si trova in missione a Malta e firma con Dom Mintoff un protocollo relativo all'assistenza economica e tecnica tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Malta e una "dichiarazione" in cui l'Italia si fa "garante" della neutralità di Malta: in pratica si tratta di mettere un freno alle crescenti pressioni esercitate dal leader libico Gheddafi e di sostituire in qualche modo la sua ingombrante presenza sull'isola con quella italiana. L'appuntamento per la firma, ricorda Zamberletti, è per le 10 del mattino e la notizia dell'esplosione alla stazione di Bologna, avvenuta pochi minuti dopo le 10, arriva per telefono da Palazzo Chigi mentre stanno per firmare: proprio l'ora della bomba come è rimasta fissata per sempre sul quadrante dell'orologio alla stazione. "I miei pensieri mentre l'aereo mi riporta in Italia - scrive Zamberletti - ripercorrono la storia del negoziato…le allusioni mi ritornano alla memoria con nuovi inquietanti significati…la prudenza suggerita dal segretario generale del ministero degli Esteri…gli ammonimenti dell'ambasciatore Gardini…e soprattutto "suggerimenti" del generale Santovito, capo del servizio segreto". "Santovito mi aveva preso da parte nel corso di un ricevimento: "Eccellenza, dovrei parlarle…Come va questa storia di Malta ?…Ma lei ha proprio deciso di grattare la schiena della tigre ? Abbiamo già irritato Gheddafi pochi mesi fa con la nostra decisione di piazzare i missili a Comiso…Ora con l'accordo che si profila con La Valletta ci prepariamo a buttare fuori i libici da Malta. Non le pare che un po' troppo ?…Questa partita sta accrescendo i sospetti del Colonnello Gheddafi nei nostri confronti. Ci creerà problemi…Le dico che quasi certamente ci creeranno guai…"". E poi la "visita" dei libici alla Farnesina, una nutrita delegazione della Jamahiria che "chiede formalmente al Governo italiano di non concludere un accordo bicamerale con la Repubblica di Malta avente come oggetto da un lato la dichiarazione di neutralità della Repubblica di Malta e dall'altro la garanzia politico-militare italiana a tutela della sovranità e della neutralità dell'isola". "Dopo il congedo mentre si allontanavano per i marmorei corridoi della Farnesina, vestiti com'erano con blusotti e magliette colorate, mi veniva fatto di pensare - scrive Zamberletti - a moderni bravi manzoniani: "questo matrimonio non s'ha da fare"". E le "confidenze" riservate con Vincenzo Parisi, il nuovo direttore del Sisde: "se c'era un movente - gli dice Parisi - se c'era una ragione per dare un segnale duro e forte, perché aspettare il 2 agosto, il giorno dell'atto conclusivo dell'accordo con Malta ? Una vendetta ? Ma ormai era tardiva…ma mi domando non sarebbe stato più proficuo un segnale prima di quel 2 agosto, un gesto capace di far capire prima che gli ammonimenti non si limitavano alle parole, alle diffide verbali di una delegazione ed ad alcuni discreti contatti in ambienti diversi, della diplomazia, della politica e dei servizi ?". E dieci anni dopo, quando Parisi, che nel frattempo è diventato capo della Polizia, viene interrogato dalla commissione d'inchiesta sulle stragi e, proprio su domanda di Zamberletti, dichiara: "Non avevo escluso la possibilità che l'episodio che l'abbattimento dell'aereo di Ustica potesse rappresentare un segnale non percepito. Quando i messaggi non sono percepiti vengono replicati e reiterati finchè non si capisce…". E Zamberletti conclude: "Per la prima volta da una fonte autorevole veniva avanzata in modo netto una ipotesi su due stragi sul cui movente e sui cui mandanti nessuno era riuscito, in tredici anni di indagini, a fare chiarezza. La minaccia e la vendetta. Parisi parlava di "segnale non percepito". Ma davvero nessuno ha percepito quel segnale ? Davvero i nostri servizi di sicurezza, di cui si conoscono i "buoni rapporti" con i servizi libici, non hanno mai sospettato di nulla ? O qualcuno della corrente filo-libica, particolarmente forte nel nostro servizio segreto militare, si è dato da fare per confondere i segnali ?". Era il 22 giugno del 1993. Sono passati altri 11 anni e più. Se la sentenza del processo ai generali per i "presunti depistaggi" confermerà la requisitoria dei pm, secondo cui niente si sa su come è andata veramente a Ustica e sui chi è stato, e se il nuovo processo a Ciavardini ed eventualmente la revisione di quello a Mambro e a Fioravanti confermeranno che a Bologna non sono stati i fascisti, ci sarà qualcuno che per trovare finalmente i responsabili riprenderà il libro di Zamberletti e la pista indicata da Vincenzo Parisi ?

 

 

 

 

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