Così il Colonnello-istrione da 34 anni gioca con la politica

di Antonio Ferrari

Del 21 dicembre 2003 da Corriere della Sera

Esistono i dittatori buoni e illuminati? Ovviamente no, non esistono, ma Muhammar Gheddafi fa il possibile per dimostrare di esserlo diventato. Venerdì sera ha fatto sapere che la Libia ammette di possedere strumenti di distruzione di massa, che dispone di ordigni per la guerra chimica, che il programma nucleare di Tripoli è avanzatissimo, ma che, dopo la confessione, è pronto a rinunciare per sempre alle armi proibite. Che vadano gli ispettori internazionali a certificare la sua volontà di distruggerle! Agli esami di riparazione, l' ineffabile colonnello assicura di essersi adeguatamente preparato, di accettare insomma le regole del nuovo ordine planetario. La soddisfazione del presidente degli Stati Uniti George W. Bush e del primo ministro britannico Tony Blair sono la conferma che il leader di Tripoli è, almeno temporaneamente, ravveduto. Tuttavia, senza sposare l' entusiasmo del ministro degli Esteri inglese Straw, che definisce Gheddafi uno statista, si può dire che il colonnello è giunto al capolinea di un lungo percorso: cominciato con l' esibito fastidio per l' egoismo e il doppiogiochismo di troppi leader arabi, passato per il riconoscimento (anche oltre l' oggettiva realtà delle prove raccolte) delle responsabilità nell' attentato di Lockerbie nel 1988, e concluso con l' ammissione di aver costruito un arsenale vietato, che ora intende smantellare. Gheddafi è un istrione che non prende troppo sul serio la politica. Trentaquattro anni di potere l' hanno esaltato ma anche annoiato. Ha finanziato i terroristi di mezzo mondo, ma nessuno l' ha mai ricompensato, riconoscendogli il ruolo di condottiero della riscossa islamica. Ha disprezzato (e disprezza) tutti i fratelli che, a parole, sono d' accordo con lui ma nei fatti accettano regole che lui sostiene (sosteneva?) di disprezzare. I sauditi erano l' obiettivo principale dei suoi strali: ai vertici arabi accendeva il sigaro e indirizzava spirali di fumo sulla nuca di re Fahd. Si prendeva gioco del presidente egiziano Hosni Mubarak, imponendo alla tv libica di mostrarlo con immagini rallentate e capovolte. Si presentò, in pieno luglio, ad un summit musulmano, con la mano destra fasciata in un guanto bianco, «perché non voglio sporcarmela, stringendo quella di illustri e venduti gaglioffi». Il desiderio di stupire l' ha sempre guidato. Un anno dopo il bombardamento americano su Tripoli, che devastò la sua abitazione-bunker in mezzo alla caserma di Bab el Azizia, mostrò le stanze distrutte dai missili. Mi colpì la sua camera da letto, perché sulla parete penzolava il quadro di un plenilunio sul mare. Un' immagine che contraddiceva lo spirito di un leader che si è sempre ritenuto un beduino, innamorato del deserto. Con l' Italia c' è sempre stato un rapporto conflittuale: sprezzante in pubblico, con ricorrenti accuse di genocidio e pretese di danni di guerra; assai più docile in privato, con elogi «agli amici Andreotti, Craxi, Berlusconi». Di Bossi mi disse: «Bravo, ma deve ancora mettere in pratica alcune idee del mio libretto verde. Gli consiglio un' attenta lettura». Un giorno convocò i giornalisti, con la massima urgenza, per spiegare che era preoccupato per la situazione politica italiana, e che stava meditando di creare un paio di partiti per raddrizzarla. Quando gli dissi che avrei dato conto dei suoi suggerimenti, ma sarei stato redarguito dal giornale se non avessi chiesto notizie sulle fabbriche di armi chimiche della Libia, rispose con una sorridente battuta: «Curiosità legittime. Ma ora voglio parlare solo dell' Italia. Leggerò ciò che scrive e la riconvocherò». Ovviamente non c' è stato seguito, perché Gheddafi non ama le critiche, tantomeno le domande fastidiose. Per un terzo di secolo, pur essendo alla guida di un Paese ricchissimo, con riserve di petrolio che potrebbero consentire all' intero popolo libico una vita agiata, ha costretto la sua gente a vivere nella paura e nell' indigenza. Le risorse erano infatti riservate ad improbabili progetti per trasformare la Libia in una grande potenza militare. Adesso Bush ritiene che Gheddafi, dopo l' indecoroso tramonto di Saddam Hussein, abbia colto il messaggio. Probabile, anche se il ravvedimento del colonnello (se di ravvedimento si può parlare) è cominciato molto tempo fa. Quando il leader ha capito che i sogni di gloria e di riscossa non soltanto erano inutili. Erano dannosi e potevano, prima o poi, costargli il posto.

 

 

 

 

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