Ora i libici pensano al mattone

di Giuseppe Oddo

Del 11 gennaio 2003 da Il Sole 24 Ore

Tra i Paesi arabi che mostrano interesse per gli investimenti in Italia, la Libia è considerato uno dei più attenti e dinamici. Archiviati gli anni dell'isolamento internazionale seguito alla strage di Lokerbie, il leader dello Stato nordafricano, Muammar Gheddafi, e suo figlio, il giovane El Saadi, stanno giocando una duplice partita: da una parte, attrarre capitali e tecnologie in patria per rilanciarne le attività economi-che e rafforzare la presa sul mondo africano e, dall'altra, intensificare i rapporti con l'altra sponda del Mediterraneo in Paesi, come l'Italia, che vantano tradizioni di scambi in settori strategici. Gli interessi dell'Eni in Libia e il gasdotto che trasporterà in Italia 8 miliardi di metri cubi di metano l'anno rappresentano da questo punto di vista un'ottima referenza. Il principale braccio finanziario di cui Gheddafi sta servendosi per attuare questa politica di apertura all'Italia è la Libyan Arab Foreign Investment Company, la Lafico, la società che reinveste i proventi del petrolio e che ebbe per un certo periodo in portafoglio, fino all'86, il 15% ? del capitale ordinario Fiat. Qualche operazione è passata anche per la Libyan Arab Foreign Bank cui fa capo il 3% di Capitalia. La Banca Libica per gli Investimenti è la stessa che nel '77 acquisì la partecipazione in Fiat, per poi girarla a Lafico. Ma è principalmente sul sostegno di quest'ultime che i Gheddafi sanno di poter contare. Presieduta da Khalid Farag Zentuni, Lafico è rientrata col 2% nel gruppo torinese, ha acquistato il 7,5% della Juve ed è diventata socia di Finpart e Olcese, che hanno da poco incrociato i loro destini. Lafico è entrata con 1'8,9% in Finpart (il cui capitale è state acquisito per il 12,3% dalla Bucherer ed è detenuto per i 28,9% da Gianluigi Facchini); e dopo l'aumento deliberato l'11 novembre e versato il 16 dicembre 2002, possiede il 21% di Olcese, nel cui capitale è a sua volte entrata la Finpart col 29 per cento. Un altro 9,8% di Olcese fa capo a Sotoco, Società togolese del cotone, il 6,9% a Arreton, il 4,9% a Meliorbanca. Ed è proprio su Olcese che Lafico potrebbe puntare per costruirsi una presenza diretta in Italia. La società guidata da Paolo Andrea Mettel, che con Zentuti e i suoi uomini intrattiene buone relazioni, portato a termine l'attuale piano di ristrutturazione, potrebbe approvare una modifica dello statuto per essere trasformata nella cassaforte di Lafico. Con una holding operativa di diritto italiano, la finanziaria di Tripoli potrebbe svilupparsi in nuovi settori. L'immobiliare per esempio, è uno di quelli in cui Lafico è più attiva. E proprio nel mattone i libici potrebbero investire, in Italia, centinaia di milioni di euro.

 

 

 

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