Quando Italo Balbo lanciava la guida Tripoli-Gadames

di Pasquale Chessa

Del 7 novembre 2002 da Panorama

Lo spaesamento è forte per il visitatore inavvertito che arriva in Libia con la mente fissa a Leptis Magna o a Cirene, Tolemaide e Apollonia, la colonizzazione romana e la riconquista bizantina. Gli archi del mercato, il campanile conico della chiesa di San Francesco, il colonnato della scuola cranica, i palazzi della ex piazza Cattedrale, il villino a Sciara Ben Asciur, danno a Tripoli una inaspettata suggestionemetafisica. Come se ci si trovasse in una piazza di Giorgio de Chirico ricostruita nel deserto. Il fascismo con la sua smania civilizzatrice di fondare nuove città ha infatti "colonizzato" la Libia con la stessa attitudine culturale con cui realizzò le nuove architetture nei "territori redenti" italiani, dall'Agro Pontino nel Lazio, alla Nurra in Sardegna, nel Tavoliere delle Puglie, in Romagna. Come racconta con fredda emozione la campagna fotografica nell'oltremare di Donata Pizzi, in mostra qualche tempo fa ma che ora sta per diventare un libro straordinario, ci sono scorci di Zliten o Batah, sulla costa, di Tummina o Nalut nelle oasi dell'interno, che fanno venire alla memoria i profili urbani di Sabaudia o Latina, di Aprilia o Carbonia. Con la differenza che in Libia tutto è rimasto come allora, quando appunto Carbonia si chiamava Mussolina e Latina era Littoria. Identicasensazione di persistenza del passato ci viene dalla lettura della guida Tripoli-Gadames che viene ancora fornita a chi vuole attraversare 680 chilometri di altipiani e deserto, ripercorrendo le antiche strade carovaniere lungo le oasi e le città della profonda Libia verso il confine con la Tunisia. Il gusto anni trenta delle illustrazioni che rimandano ai manifesti pubblicitari della Fiat o del Campari, dovrebbe mettere in allarme. Invece il racconto del percorso fra dune sabbiose e giardini fiorenti, fra olivi, mandorli in fiore e fichi saporititi prende come un racconto di Paul Bowles. Ma quando, continuando la lettura, si inciampa nella prima fattoria Dux, "contrafforte avanzato della conquista rurale", la mente si allarma. Sul "fascio littorio" eretto in cima al monte di el-Azizìa, la mente vacilla. Ma è sui versi di Virgilio, a memoria della Marcia su Roma incisi sul cippo all'ingresso del mausoleo romano del III secolo di el-Soffìt, che all'inganno subentra il disinganno. La guida Tripoli-Gadames fornita ai visitatori di oggi è la stessa, disegno per disegno parola per parola, che Italo Balbo fece preparare dai suoi collaboratori per i turisti fascisti di allora. In Libia, spedito in esilio da Mussolini, Balbo era arrivato nel 1934. La carica di governatore non addolcì la sua amarezza. Ma, preso dal sacro furore fascista, si diede da fare per trasformare le molte avversità in tante opportunità. E oltre a costruire strade, fondare borghi e città, arruolare architetti e archeologi, il gran mondano Balbo pensò di trasformare la Libia in una meta turistica di rango. Così nacque l'idea della guida Tripoli-Gadames. Capitata NELLE MANI DI Folco Quilici, durante il suo ultimo viaggio in Libia, il celebre documentarista, regista e scrittore ne ha riconosciuto l'autore anonimo e fin qui sconosciuto: Nello Quilici, suo padre. Giornalista famoso, saggista di fama, fu principale collaboratore e amico personale di Balbo, fino alla morte nello stesso aereo abbattuto dal fuoco amico nel cielo di Tobruk il 30 giugno del 1940.

 

 

 

 

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