Berlusconi da Gheddafi riconquista la Libia

dall' inviato Gennaro Sangiuliano

Del 29 ottobre 2002 da Libero

TRIPOLI - La giornata libica di Silvio Berlusconi è stata nel segno dei dromedari, del caldo africano e di un doppio Gheddafi, uno al mattino e uno al pomeriggio. È stata un'accoglienza calorosa quella che il colonnello ha riservato al premier italiano ma con tutti i crismi della messa in scena stile "perdono del deserto". Gheddafi, sorridente, in jard, una grande tunica marrone e con un cappellino rosso fuoco, ha atteso Berlusconi sotto una grande tenda nella base militare di Bal El Azizya. L'affermazione va intesa in senso strettamente letterale perché effettivamente le quattro ore di colloquio fra mattina e pomeriggio, si sono svolte sotto un tendone somigliante a quello dei piccoli circhi equestri che una volta battevano la provincia italiana. Un luogo tutto sommato modesto, si sa che il colonnello libico tiene molto ad accreditare la convinzione, soprattutto presso il suo popolo, che li vive sotto una tenda come gli antichi popoli nomadi del deserto. Verità o finzione, Berlusconi ha dovuto piegarsi alla coreografia gheddafiana passeggiando fra una decina di dromedari smagriti e qualche palma secca. Il caldo poi li ha costretti a spostare il colloquio sul prato antistante la tenda, seduti su alcune sedie da giardino. I lunghi colloqui, fra datteri e nocciole e la cena familiare, tuttavia non hanno spostato le difficoltà della premessa, come lo stesso Berlusconi ha ammesso ai giornalisti: "Partivamo da posizioni molto distanti, difficili ma abbiamo cercato di guardare al futuro per mettere una pietra sopra il passato e andare avanti". Muhammar Gheddafi, guida della Gran Jamahiya Araba Libica Popolare Socialista come lui con grande modestia si definisce, è l'unico capo di Stato ad aver compiuto, dal dopoguerra ad oggi, un atto di ostilità bellica nei confronti della Repubblica Italiana. Fu nel 1986, a seguito del bombardamento americano su Tripoli che Gheddafi ordinò di scagliare un missile sull'isola di Lampedusa, l'unico lembo di suolo italiano che gli era possibile raggiungere. Per fortuna finì in una colonna d'acqua a pochi metri da uno scoglio. I rapporti tra Italia e Libia, nell'era di Gheddafi, sono sempre stati segnati da sussulti di odio e amore. Da una parte la retorica anti-italiana del regime, dall'altra la necessità di fare affari insieme. Ancora il 3 ottobre scorso i libici hanno celebrato la loro giornata di lutto nazionale in ricordo del 3 ottobre 1911, inizio dell'occupazione italiana della Tripolitania. Come ogni anno la Libia si è isolata dal mondo sospendendo il traffico aereo e tutte le comunicazioni radio e telefoniche. Gli edifici pubblici hanno esposto una bandiera nera, i propagandisti del regime si sono vestiti a lutto. Un rito che si ripete e che serve a sostenere la vulgata del ricordo delle "vittime del crimine selvaggio commesso dai fascisti italiani". Chi telefonava in Libia quel giorno non poteva comunicare con nessuno, veniva solo accolto da un discorsetto infarcito di accuse all'Italia. Nessuno, però, ha spiegato ai libici che prima dell'arrivo degli italiani, che nel 1911 non erano ancora fascisti, c'era in Libia la feroce dominazione ottomana, ben più aspra di quello che sarà poi il colonialismo italiano. Quest'anno le celebrazioni si sarebbero svolte in tono minore, proprio per creare un clima positivo alla visita di Berlusconi. Anche se il 7 ottobre non sono mancate le manifestazioni per un'altra celebrazione anti-italiana, quella che ricorda la cacciata degli italiani che si erano insediati in Libia. Bisogna comprendere che la Libia, entità senza grandi tradizioni, senza un'identità etno-geografica come l'Egitto o la Tunisia, si è dovuta inventare una storia nazionale all'interno della quale la retorica contro il colonialismo italiano occupa un posto centrale. Di qui la richiesta, dopo quasi un secolo, di ripagare i danni dell'occupazione italiana, dimenticando spesso che il colonialismo italiano fu alquanto generoso portando strade, scuole, ospedali, acquedotti, agricoltura. Per fortuna, da sempre la faccia feroce si è scontrata con il pragmatismo degli affari che ha fatto dell'Italia un partner essenziale per la Libia. Anche di fronte a Berlusconi, nonostante fra lui e Gheddafi si percepisca una certa simpatia, il leader libico è tornato a parlare del colonialismo italiano e delle violenze che questo avrebbe provocato. "Gheddafi mi ha detto che per il suo popolo è difficile dimentica", ha avvertito Berlusconi, ma "abbiamo già concluso una parte del nostro accordo che dovrebbe chiudere questo lungo contenzioso". Berlusconi, che ha ricevuto in dono un moschetto italiano del 1924, ha chiarito che l'intesa con la Libia prevede o la realizzazione di un moderno ospedale a Bengasi, oppure in alternativa, la costruzione di una grande autostrada che colleghi il nord e il sud del Paese. nell'accordo rientra anche la restituzione della Venere di Cirene. Il premier italiano non ha, però, dimenticato la questione degli italiani che vivevano in Libia furono espropriati dei loro beni. "Prima di partire", ha chiarito Berlusconi, "ho incontrato il presidente degli esuli italiani, tutelerò la loro posizione come quella delle imprese nostrane che non sono state pagate". Nel segno degli affari si è discusso anche di petrolio, "l'ottimo petrolio libico", come lo ha definito Berlusconi. L'Italia punta ad aumentare le forniture di greggio libico dal 25 al 30 per cento sul totale delle importazioni, in vista della possibile guerra con l'Iraq. La visita di Berlusconi ha costituito anche una tappa significativa nella marcia che da qualche anno Gheddafi ha intrapreso verso la moderazione. La Libia tende a far dimenticare di essere stata considerata uno Stato canaglia, colpevole della strage di Lockerbie, di ave foraggiato con armi l'Ira. Il nuovo Gheddafi non ama il fondamentalismo di Osama Bin Laden, minaccia di uscire dalla Lega Alta Araba, non per motivi politici, ma solo perché la Libia non è stata prescelta come sede della Coppa d'Africa del 2006. Il vertice si è chiuso con la firma di un "processo verbale per le conclusioni operative". In particolare Berlusconi ha precisato che l'Italia ha stanziato 60 milioni di euro per le opere che intende realizzare in Libia.

 

 

 

 

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