Fuori dal coro ma non più minacciosa.
Così la Libia del Colonnello cambia lentamente pelle e si apre all'Occidente

dall' inviato Riccardo De Palo

Del 29 ottobre 2002 da Il Messaggero

TRIPOLI - L'uomo che ha accolto il premier italiano nella sua residenza di Bab Al Azizia e lo ha fatto sedere nella tenda beduina di rappresentanza, all'interno del vasto parco ornato di palme e popolato di guardie e di dromedari, guida un Paese in profonda trasformazione e che cerca di uscire dall'isolamento internazionale. E' questo complesso di palazzi e caserme che Ronald Reagan aveva fatto bombardare, nel 1986. Erano i tempi in cui la Libia era accusata di fomentare il terrorismo internazionale. Washington la accusava di avere fatto esplodere un aereo della Pan Am sui cieli di Lockerbie, e di produrre armi di distruzione di massa in un impianto "top secret" nel deserto. Poi, con la saggezza dell'età, il colonnello Mohammar Gheddafi ha limato la sua immagine, ha perso molti dei suoi lati spigolosi. E il Paese lo ha seguito a ruota, come sempre accade quando il raìs e lo Stato sono legati da una simbiosi perenne. Così, il colonnello ha accettato di far processare due agenti libici accusati della strage sui cieli della Scozia. Ha rinnegato qualsiasi appoggio al terrorismo - negli ultimi anni ha dovuto affrontare spinte eversive nel suo stesso territorio. E ha continuato la sua marcia di avvicinamento all'Occidente. Gli anni dell'embargo, del divieto di volo, quando per arrivare a Tripoli bisognava passare via terra dalla Tunisia o dall'Egitto, sono ormai lontani. Il controllo del regime sui cittadini è ancora molto forte. I telefoni, lamentano molti stranieri residenti, sono spesso sotto controllo, e accade che un fax partito da Milano arrivi dopo un paio di giorni, perché prima qualcuno vuole vidimarlo e controllarlo. Ma gli Internet Café sono un ormai un fenomeno di massa, nella capitale della "Grande Giamahiria". E il Paese, ricco di bellezze naturali e di ricchezze culturali, comincia ad aprirsi al turismo. C'è persino un concorso per giovani "cyberbellezze", in questi giorni, con tanto di modelle che posano tra le rovine della casa di Gheddafi - proprio mentre il premier italiano è a pochi metri di distanza, a cena con il colonnello. In questo processo di trasformazione, l'Italia ha continuato a proporsi come partner di riferimento, come chiave d'accesso all'Europa. Le due visite di Massimo d'Alema degli anni scorsi, seguite da quella di ieri di Berlusconi, hanno solo suggellato le fasi salienti di questo processo. Molta strada resta ancora da percorrere, numerosi sono i contrasti da appianare. Ma la via è segnata. La Libia ha molto da offrire all'Occidente, non soltanto petrolio e gas naturale. Oggi Tripoli non è più considerato un "Paese canaglia" di primo livello. Il colonnello ha fatto della politica panafricana una delle sue priorità, ha contribuito a creare una Unione del continente nero sul modello dell'Ue. Ora minaccia anche di uscire dalla Lega Araba, accusata di non essere abbastanza incisiva quando si occupa di Palestina e di Iraq. Ma forse si tratta soltanto di una mossa politica, di un'ennesima provocazione. Non di un vero tentativo di rompere l'unità araba. La comunità internazionale ha comunque bisogno di una Libia finalmente più vicina. Che non rappresenti più una minaccia. Gheddafi potrà pure continuare a parlare fuori dal coro. Tutto sommato, è questa la sua forza.

 

 

 

 

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