Imprenditore Italiano liberato dai libici grazie alla Juve e al figlio di Gheddafi

da Simone Innocenti a Viareggio

Del 3 ottobre 2002 da Il Giornale

“Guardi, le posso dire che prima, pur non interessandomi di calcio, mi sentivo  vicino alla Fiorentina. Ma d’ora in poi diventerò il primo tifoso della Juventus”. Arnaldo Guidotti, l’imprenditore viareggino di 61 anni, uno dei principali dirigenti della Emaco Srl (fornitrice di material elettricomeccanico) è stato al centro di una storia che ha dell’incredibile ma non ha perso il buonumore.

Miracoli del calcio. L’imprenditore, “bloccato” in Libia lo scorso 16 settembre, è stato liberato grazie all’intervento diretto dell’allenatore della Juventus, il viareggino Marcello Lippi, che ha intercesso in suo favore mobilitando “Luciano Moggi, che fino a una settimana fa, non sapevo neppure chi fosse”, confessa candidamente Guidotti.

La disavventura del nostro connazionale inizia il 16 settembre, quando l’imprenditore atterra all’aeroporto di Tripoli e viene avvicinato da “quattro poliziotti regolari: uno di loro mi chiede il  visto d’ingresso per affari e il passaporto – ricorda Guidotti. Mi fanno aspettare per 4 ore emi chiedono che cosa sia venuto a fare in Libia”. Guidotti spiega che sono almeno 30 anni che lavora in quel Paese, “ma la polizia locale mi ritira il passaporto dicendo: “Torni tra due giorni a riprendere il passaporto, questa è la ricevuta”.

            La storia appena all’inizio. Un funzionario del Consolato accompagna Guidotti al commissariato di polizia di Tripoli, “ma loro cascano dalle nuvole: il mio passaporto non è mai esistito, anche se la ricevuta è autentica”.

            L’imprenditore comincia ad allarmarsi, chiama la moglie e nel frattempo si informa. “La situazione, scopro, non è delle più rosee: qualcuno mi vuole sequestrare e forse perfino uccidere. Io me ne sto rinchiuso per 15 giorni al Consolato, dove non mi fanno mancare nulla, neppure l’autista quando mi sposto durante il giorno”, racconta l’imprenditore.

            È una “catena di Sant’Antonio”. Guidotti chiama la moglie, che a sua volta “arriva fino al presidente del Senato Marcello Pera, che so poi essere intervenuto telefonicamente nei confronti dell’Ambasciata. Mia moglie anche al sottosegretario alle Telecomunicazioni Massimo Baldini”. Risultato: tempo due settimane il passaporto ricompare.

            Ma il destino è una brutta belva. Racconta Guidotti: “Mi chiama il Ministro degli Esteri della Libia e mi spiega che non mi posso muovere da lì, perché sono finito nella lista nera, manco fossi un terrorista”. Guidotti non si scoraggia, parla nuovamente con l’Ambasciata, che è lapidaria. “Mi spiegano che ci vorranno almeno tre settimane per tornare in Italia”, chiosa l’imprenditore. Che torna a usare la sua unica “arma”: il telefono. Alza nuovamente la cornetta, contatta ancora la moglie e il miracolo si compie un’altra volta. “Lei è andata a casa di Marcello (Lippi, ndr), che è un amico, ci conosciamo dall’età di 18 anni, abbiamo giocato a calcio assieme. Lui si mette in movimento e chiama Luciano Moggi. Moggi telefona ad Al Saadi Gheddafi (azionista di minoranza del club juventino, ndr)”. Risultato: sabato scorso lo contatta il segretario della famiglia presidenziale per convocarlo. “Io mi presento all’appuntamento, dove ci sono rappresentanti della Federazione Calcio e anche della Tamoil – racconta Guidotti -, Marcello Lippi chiama tre volte, tra sabato e domenica scorsi, per assicurarsi che tutto vada bene. Io gli dico: “Marcello, quando torno a Viareggio per ringraziarti ti pago un caffè in passeggiata, perché costa il doppio”. Tutto è bene quel che finisce bene ? “Sicuro. Martedì scorso alle 7,30 mi imbarco da Tripoli e arrivo a Roma. E oggi (ieri per chi legge, ndr) sono al lavoro – conclude Guidotti – perché mercoledì torno di nuovo in Libia per concludere nuovi affari. Cosa si vuole di più dalla vita ?”. già cosa si vuole di più ?

 

 

 

 

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