La Libia accelera sui rimborsi

di Laura Cavestri

Del 30 novembre 2012 da  Il Sole 24 Ore 

«Il Governo libico è impegnato a pagare i crediti maturati dalle aziende italiane per lavori ultimati sotto il regime di Gheddafi. Team di tecnici indipendenti stanno vagliando ogni singolo progetto, la presenza di studi di fattibilità, il valore dell'opera in rapporto alla sua utilità e l'assenza di irregolarità, illeciti e corruzione. I lavori completati saranno pagati al 50% subito e per la residua tranche a breve termine». 
È stato lo stesso vice ministro libico della Pianificazione Ali Ahmed Elsaleh – nel suo intervento ieri pomeriggio alla sede milanese di Assolombarda, davanti a una platea di imprenditori e al ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi – a chiarire l'azione del neogoverno libico (poco più di un mese di vita) sul tema dei crediti che almeno un centinaio di aziende italiane ancora vantano nei confronti di lavori (soprattutto strade, edilizia e infrastrutture) ultimati sotto il regime di Gheddafi o interrotti per il precipitare degli eventi. «Se alla tranche dei contenziosi 2010-2011 – ha sottolineato il presidente della Camera di commercio italo-libica, Gianfranco Damiano – si sommano anche alcune code di crediti storici, risalenti addirittura agli anni '90, si arriva a 600 milioni di euro».

«È un tema su cui stiamo lavorando molto intensamente attraverso tavoli di lavoro con i colleghi libici – ha sottolineato anche il ministro Terzi a margine di un incontro sull'internazionalizzazione delle imprese lombarde organizzato da Promos–Camera di Commercio di Milano –. Quanto ai pagamenti per operazioni in corso mi sembra che stiano arrivando in modo soddisfacente». Per un Paese che sta ancora letteralmente raccogliendo le macerie di una guerra sanguinosa e che non ha ancora risolto i gravi problemi di sicurezza, la partita dei crediti e quella dei futuri appalti diventano inscindibili. Tanto è vero che il governo post-rivoluzionario ha deciso di non azzerare tout court i contratti in essere firmati dai rais nel quadro del piano infrastrutturale 2008-2012. Ma di vagliarne l'effettiva utilità e, in tal caso, di farli propri: «Abbiamo già vagliato – ha concluso Elsaleh – l'85% dei contratti firmati». E molti sono ripartiti, come il tratto dell'autostrada costiera che collega Bengasi al confine egiziano, appaltato a un consorzio capitanato da Saipem per 800 milioni di euro. Del resto, i costi della ricostruzione – tra 200 e 480 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni – sono una "torta" cui non si vuole rinunciare. Ripartendo da autostrade, reti fognarie, telecomunicazioni, edilizia e – a dispetto dei 3 milioni di barili di greggio al giorno che il governo punta di produrre a pieno regime, il doppio della produzione attuale – anche sulle energie rinnovabili (solare ed eolico in testa).Nel 2011, l'interscambio Italia-Libia è crollato di oltre il 70 per cento. Secondo i dati Ice, l'import italiano (per il 90% costituito da petrolio e gas) è passato dai 12 miliardi di euro del 2010 ai meno di 4 miliardi dell'anno scorso. L'export "made in Italy" verso la Libia è franato, nello stesso periodo, da 2,7 miliardi a 613 milioni di euro. Secondo un recentissimo report del Fmi, il Pil, crollato del 60% l'anno scorso, quest'anno avrà un rimbalzo del 102%, nel 2013 si attesterà attorno al +17% per poi stabilizzarsi su una media del 7% dal 2014 al 2017. Tra i suoi 6,5 milioni di abitanti, oltre il 20% lavora per un ipertrofico settore pubblico, mentre la disoccupazione si attesta al 30 per cento. Alternativa obbligata è quindi il settore privato per quel 65% di popolazione sotto i 30 anni e per il 30% che ne ha meno di 14. Per questo, tra le priorità del governo ci sono gli investimenti nella sanità (e un grande interesse per la nostra eccellenza biomedicale) e nell'istruzione e formazione professionale, che possono aprire interessanti prospettive anche per Pmi e artigiani. «Il fragile nucleo di Pmi tradizionalmente presente a Bengasi e in Cirenaica di artigiani, orafi, falegnami, vetrai, serramentisti, elettricisti – ha spiegato Damiano – necessita di strumenti e macchinari per le moderne lavorazioni, know how e formazione professionale. Forniture, joint venture o accordi con consorzi italiani possono essere una modalità anche per le piccole imprese italiane di entrare nel mercato».

Anche il quadro legislativo è in movimento. Per ora rimane stabile la legge 9 del 2010, che disciplina gli Ide e stabilisce le modalità precise per l'ammissibilità dei progetti di investimento. In cambio di agevolazioni fiscali e incentivi, devono prevedere trasferimento di know-how e tecnologie moderne; favorire lo sviluppo delle aree remote e l'impiego di forza lavoro libica per almeno il 30 per cento. Sarà presto rivista, ha annunciato il ministro libico Elsaleh, la disciplina sulla proprietà immobiliare. Mentre molti italiani si augurano che nel mirino riformista possa presto entrare anche la revisione delle soglie di capitale sociale necessarie agli investitori esteri per aprire una società in Libia, giudicati troppo alti per un Paese che vuole cavalcare l'onda delle joint venture tra le due sponde del Mediterraneo. L'ATTRATTIVITÀ DELLA LIBIA BUROCRAZIA Con il 20% della popolazione attiva impiegata nella pubblica amministrazione, la burocrazia resta ipertrofica, poco efficiente e non immune alla corruzione. Il nuovo Governo punta ad alleggerirla Rating Mondo & Mercati: BASSO FISCO L'aliquota sui redditi delle imprese residenti in Libia (incluse le filiali) è del 20%, cui va aggiunta una jihad tax del 4%. I redditi personali annui oltre i 7.300 euro sono tassati al 10 % Rating Mondo & Mercati: MEDIO INVESTIMENTI Vale ancora la legge 9 del 2010 sugli investimenti diretti esteri. In cambio di agevolazioni fiscali, le imprese devono prevedere l'impiego di forza lavoro libica per almeno il 30 per cento Rating Mondo & Mercati: MEDIO

 

 

 

 

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